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IL PAESAGGIO E' UNO STATO D'ANIMO - Capire per ripartire
Luciana Marinangeli e' scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione l'Alberata

  Il verde di quell'albero davanti casa, solido e tranquillo sempre là, lo stormire e l'odore delle sue foglie che d'estate sembravano voler scendere ad accarezzarci il viso, l'animazione dei nidi: in una nottata, tutto scomparso.
  Pochi colpi con l'atroce sega elettrica, decretati da un Erode invisibile, e quell'essere  vivente testimone della nostra presenza non c'è più. E come lui decine , centinaia, migliaia, milioni di suoi fratelli, da tutte le parti. Abbattuti.
  E noi restiamo attoniti, e ci chiediamo perché la distruzione degli alberi continui, benché molti adesso si siano svegliati e la ragione collettiva si sia messa a gridare che bisogna fermare la strage del verde, altrimenti non c'è più l'aria per respirare.  
  "Lo stupore del razionalismo ecologico è grande", dice Guido Ceronetti, "vedendo che un consiglio per sopravvivere non ha nessun effetto. La sopravvivenza non interessa concretamente l'anima umana; la risposta del cuore è glaciale. Quel che cerchiamo non è la sopravvivenza della specie, è un senso alla vita" .
  In effetti la sopravvivenza, nonostante gli sforzi della scienza per debellare le malattie, nonostante il mito sbandierato della bellezza, della giovinezza e dell'efficienza fisica, in realtà non interessa: davanti al discorso dell'urgenza di proteggere gli alberi  e quindi il respiro gli sembrano dei sordomuti ciechi e indifferenti: se il paesaggio è uno stato d'animo, come dice Corot, allora lo stato del nostro animo oggi è la desolazione , la desertificazione, l'abbattimento nella polvere.
  Dunque per l'ecologia della terra occorre innanzitutto una ecologia della mente umana.
  E' urgente. Nel nostro mondo, e non solo tra i kamikaze terroristi, c'è la cultura non della vita, ma della morte, e la morte proprio del giovane, dell'essere più vicino alla natura di cui gli alberi sono il più puro testimonio : la nostra è una società che ha creato il servizio militare e gli eserciti volontari, ancora e sempre prevedendo guerre che mai si interrompono; ha creato auto e moto troppo veloci e in Italia con l'efferato articolo 48 vuol permettere  la caccia tutto l'anno anche nei parchi pubblici e mettere il fucile  in mano ai ragazzi di 16 anni; ha creato additivi per cui i cibi che dovrebbero nutrire sono in realtà quelli che uccidono; e sta toccando il gene, il cuore stesso della vita.
  Ammazziamo con facilità animali e alberi, e quando capita parenti e partners, perché seguiamo ancora una vecchia morale di 3000 anni fa: la morale della tribù patriarcale del deserto dove per difendersi dai nemici e dagli scorpioni era importante la sottomissione cieca all'unico capo, il vecchio padre onnipotente: l'individuo, la natura, non dovevano contare. Non dovevano contare, e al tempo stesso con tragico paradosso si ammantavano tutti, vecchio padre padrone e poveri uomini comuni, di una presunzione antropocentrica, basata su un gravissimo, tragico errore di interpretazione dei testi sacri della civiltà mediterranea.
  Nel testo originale della Genesi si dice: "E Dio creò l'uomo, perché fosse pastore e custode della creazione, animali e piante" . Ma il traduttore greco, con tipica presunzione e stravolgimento patriarcale, tradusse il termine aramaico "custode" con "basileus", re: ed ecco la natura messa al servizio di un re, un re arcaico per giunta, senza legge se non la propria e il proprio interesse.
  Questa morale, che ha fatto il suo tempo, appartiene  a un luogo completamente diverso dal nostro, lontano dalla nostra idea di universo o dignità dell'uomo. Non siamo consapevoli che viviamo con modelli anacronistici, buoni per tenere assieme la tribù nel deserto ma soffocanti e letali nel mondo in cui viviamo. Le sue leggi  ormai arcaiche sono:
- gli altri (le altre tribù del deserto, gli scorpioni) sono cattivi;
- il male si combatte con il male (ti cavo un occhio per ogni occhio che mi cavi tu);
- l'esistente, l'individuo, la vita quotidiana non hanno alcun valore.
  Urge invece una  nuova morale, quella indicata da secoli da alcuni individui illuminati e generosi:

  - NON ESISTE CATTIVERIA, MA IGNORANZA : "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno".
E' un'idea molto importante: se io credo che la gente"è cattiva", che "lo fa per cattiveria", che  "tutti odiano tutti", sentirò di vivere in un mondo concentrazionario, un posto bruttissimo da dove è meglio scappare il più preso possibile: "Ah!- amiamoci- il mondo fa terrore!", singhiozza Eleonora Duse, e si sposta eternamente irrequieta da un luogo all'altro,da una casa all'altra,sempre affannata, sempre incapace di sosta, di radicare, di avere pace e di darla;

  - IL MALE SI COMBATTE ALZANDO IL BENE: non bisogna mettere energia sul male, perché deprecandolo, lamentandosene, descrivendolo, gli si aggiunge forza, gli si dedica energia, aumentandolo. Lo si combatte invece alzando il bene: praticando, mostrando, descrivendo, raccontando qualunque atto o pensiero o situazione positiva, anche un sogno- pensa a Martin Luther King -, qualunque realtà che marci nella direzione del costruire e dell'armonizzare e del reintegrare ciò che fu perso;

  - BISOGNA ALZARE L'ACCETTAZIONE DELLA VITA, VALORIZZARE L'ESISTENTE, IL QUOTIDIANO, l'occupazione quotidiana,i piccoli gesti e fatti che sono la vita:

Sia gloria a Dio per le cose chiazzate
per i cieli d'accoppiati colori come vacca pezzata;
per i nèi rosa in puntini sulla trota che nuota;
per i crolli di castagne tizzoni ardenti; le ali dei fringuelli;
il paesaggio tracciato e spartito - stazzo, maggese , e arato.
                                                Gerard Manley Hopkins

 

 

Data: 19/04/2010
Autore: LUCIANA MARINANGELI
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Luciana Marinangeli e' scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione l'Alberata "Il Platano dei Cento Bersaglieri e della Banda Austriaca" di Federica Galli. Acquaforte 1996 mm 496x490 
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