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Da IL PRINCIPE OTTO

  Si alzò tornando in sé, con un fremito, e si gettò giù per il pendio, nel fitto. I boschi la accolsero e si chiusero su di lei. Ancora una volta vagò e corse ciecamente, senza incoraggiamenti, senza guida. Qua e là, invero, attraverso squarci nel tetto boschivo, un lucore l'attirava; qua e là un albero si staccava dagli altri per l'incisività dei suoi contorni; qua e là un fruscio fra le foglie, un'oscurità più intensa, una luminosità offuscata, alleviava, ma solo per esagerarla, la solida oppressione della notte e del silenzio. E frattanto il buio indistinto raddoppiava, e l'intero orecchio della notte sembrava seguire avidamente i suoi passi. Ora si fermava immobile, e il silenzio cresceva e cresceva, fino a pesarle sul respiro; finché non si risolveva di nuovo a correre, inciampando, cadendo, ma senza diminuire la foga. E d'un tratto tutto il bosco ondeggiò e si mise a correre con lei. Il rumore del proprio folle passaggio attraverso il silenzio si ripercuoteva riecheggiando, e riempiva la notte di terrore. Il Panico la braccava: il Panico si sporgeva verso di lei con rami prensili, dagli alberi; il buio si accendeva e si popolava di strane forme e facce. Semisoffocata, fuggì davanti alle sue paure. E tuttavia, nell'ultimo baluardo, la ragione, investita da queste folate di terrore, continuava a risplendere di una luce perplessa. Sapeva, ma non era in grado di agire in base a quello che sapeva; sapeva che doveva fermarsi, eppure continuava a correre.
  Era già sull'orlo della follia, quando d'un tratto sbucò in una stretta radura. Allo stesso tempo il frastuono aumentò, ed ella si rese conto di vaghe forme e distese candide. E a questo punto la terra cedette; cadde, si ritrovò ancora una volta in piedi con un'incredibile scossa dei suoi sensi, quindi la sua mente sprofondò.
  Quando tornò in sé, era in piedi, immersa fino a mezza gamba nel mulinello gelato di un ruscello, appoggiata con una mano alla roccia da cui sgorgava. Lo spruzzo le aveva bagnato i capelli. Vide la cascata bianca, le stelle tremanti nel bacino agitato, la spuma sospesa nell'aria e su, da ambo i lati, gli alti pini che bevevano serenamente la luce stellare; e nell'improvvisa pace del suo spirito sentì con gioia il tuffo costante e la cateratta del bacino. Uscì a tentoni, gocciolante. In considerazione della sua dimostrata debolezza, avventurarsi ancora nell'orrore della tenebra dei boschi sarebbe stato un suicidio, della vita o della ragione. Ma qui, nel vialetto formato dal ruscello, con le stelle gentili sulla testa, e la luna che ora entrava galleggiando nel suo campo visivo, poteva attendere senza preoccupazioni il sopraggiungere del giorno.

Traduzione di Masolino d'Amico

 

Data: 01/05/2010
Autore: ROBERT LOUIS STEVENSON (1850 - 1894)
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