Sempre di più, la scelta vegetariana convince e si diffonde.
Per ragioni legate alla nostra salute morale e fisica. Oltre al rispetto per la vita degli animali - non più un lusso per l'Occidente progredito, ma semplice espressione della nostra evoluzione e libertà - che si riflette peraltro nelle parole di uomini illustri, da Plutarco e Leonardo da Vinci, fino a Tolstoj e Gandhi, ma anche per una serie di considerazioni legate alla nostra incolumità e a quella del pianeta.
Si tratta infatti di una colossale industria, l'allevamento e il mercato della carne e del pesce, spinta e deformata ormai oltre ogni possibile limite di coscienza e prudenza. Prova ne sono epidemie (BSE, Sars, Aviaria, Suina) tutte immancabilmente provenienti da tale sistema, che suscitano grandi allarmi e poi scompaiono nel nulla.
La comunicazione riguardo le reali condizioni in cui gli animali di allevamento nascono, vivono, viaggiano e muoiono, quella che è ormai la deformità di un mercato che tratta esseri viventi come oggetti inanimati, è insistente.
Con ogni probabilità, se le persone fossero informate, smetterebbero in larghissima parte di acquistare e mangiare carne e pesce: se non per sensibilità, per paura.
Sorvoliamo, nel dettaglio, sulle aberranti circostanze in cui nasce, vive, viaggia e muore la maggior parte degli animali allevata a scopo alimentare, perlopiù, oggi, secondo modalità e criteri intensivi. E continuiamo con l'aspetto, niente affatto secondario, dell'impatto che tutto questo ha sulla terra. Milioni di ettari di foresta tagliati ogni anno per far posto a bovini, ovini e suini.
Miliardi di creature nella condizione di merce, che devono vivere il più brevemente e produttivamente possibile. Vale a dire stipati uno sull'altro, nella totale privazione di spazio e ritmi naturali, trattati brutalmente, con un surrogato di igiene affidata alla chimica, ipernutriti.
Per resistere, crescere e, in simili condizioni, raggiungere peso e dimensioni necessari al reddito, questi animali vengono rimpinzati di ormoni, stimolatori della crescita, farmaci e antibiotici. Oltre che alimentati in modo assai spregiudicato, com'è stato dimostrato dalla vicenda BSE (erbivori cibati di farine tratte da carcasse di altri erbivori morti per malattia - sindrome diagnosticata per la prima volta negli USA, dove una speciale commissione impiegò cinque anni a costringere il governo a vietare la somministrazione di tali farine, già nel lontano 1986).
Il risultato di un simile trattamento entra in diretto contatto con l'uomo sia attraverso il consumo della carne, sia grazie alle feci e ai liquami scaricati nei terreni, nei bacini idrografici e nelle falde acquifere, finendo con l'inquinare persino le verdure. Per tacere dei gas metano emessi dai ruminanti, presenti sul globo in numero così esasperato da causare un quinto del buco dell’ozono.
Lo stesso discorso vale per i pesci, tanto spesso catturati in grandi branchi, come si fa ad esempio con i tonni. Imprigionati sotto costa e lì scannati dopo un paio di mesi all'ingrasso con prodotti di ogni genere, che le correnti provvedono a propagare.
Produrre un chilogrammo di carne è infinitamente più costoso, in termini di impiego di acqua, cereali e altre risorse, di quando non sia produrre un chilogrammo di soia. Ma non è solo questo il punto: l'industria della carne incoraggia il dannoso imporsi delle monocolture. Per nutrire la sterminata quantità di animali destinati al macello si impiega ogni anno una quantità di cereali e granaglie in grado di sfamare più del fabbisogno dell’intero, cosiddetto Terzo Mondo, ovvero i paesi poveri.
Ma la carne rimane prerogativa del Nord ricco del pianeta, che ingrassa e, nel corpo e nell’animo, si ammala: se nel Dopoguerra il consumo di carne pro capite di un italiano medio era di 18 kg l’anno, oggi raggiunge i 90.
Oltre a essere una serissima risposta all'emergenza della fame sul pianeta (curiosamente ignorata dalla Fao nel vertice sulla sicurezza alimentare tenutosi a Roma nel giugno 2008), la scelta vegetariana è anche e soprattutto l'espressione di un privilegio. Poter mangiare senza recare danno ad altri esseri viventi significa aver raggiunto un punto irrinunciabile nel cammino della civiltà e del progresso.