Sebbene non possa definirmi un amante della natura e anzi, a volte per giustificarmi mi ripeta che “il più bello spettacolo della natura non vale un muro tappezzato di manifesti”, (deve averlo detto Baudelaire, o era Benjamin?) i miei ricordi cinematografici più cari sono popolati di alberi.
Nei western prima di tutto, dove gli alberi sono uno sfondo, in bianco e nero o a colori, ma anche un praticabile (servono per nascondersi, appostarsi, tendere agguati, appenderci i ladri di bestiame, riposarsi alla loro ombra) e un simbolo di tutto il genere, fondato sulla riscoperta delle radici. L’omaggio comincia nei titoli: l’albero degli impiccati, della vendetta, il sentiero del pino solitario, la quercia dei giganti e non è un caso che uno dei maestri del genere King Vidor, abbia intitolato la sua autobiografia A Tree Is a Tree.
Fondamentali nel film d’avventura (basta Robin Hood?) hanno un ruolo non marginale nei melodrammi come sfondo degli amori tra i Rock Hudson le Jane Wyman e le Dorothy Malone. Sergio G. Germani anni fa ha intitolato un suo articolo “l’albero del melo” giocando sul doppio senso fra mélo come melodramma e melo come albero.
In Fellini un albero come simbolo di lussuria liberty in Giulietta degli spiriti (Sandra Milo ha costruito un’ alcova fra i rami) mentre in Amarcord Ciccio Ingrassia si arrampica su un albero per lanciare il suo grido di disperazione “Voglio un a donna!”. In Hitchcock un albero suggerisce l’idea di infinito, la sequoia semperviva della Donna che visse due volte nella cui sezione si legge il passare dei secoli, causa di turbamento per Kim Novak (che pensa a tutte le persone nate e morte mentre l’albero ha continuato a vivere).
Alberi come occasione per leggere il senso della vita anche in Guerra e pace (versione Bondarciuk): la quercia scorticata dove il principe Andrei vede riflesso il suo disincanto Per restare in Russia non ho dimenticato un film del poeta contadino Vasilij Suksin, Vostro figlio e fratello, dove il protagonista tornando al paese andava salutare i vari alberi uno a uno.
Alberi antropomorfici, in altro senso, quelli di Walt Disney: Flowers and Trees è il suo primo film a colori. Non si finirebbe mai. Non mi viene in mente nulla della nouvelle vague, forse perché i suoi autori pensano, come Godard, che la natura non è naturale (ma Pierrot le fou è un trionfo del paesaggio mediterraneo) . Tornando in Italia, dopo una doverosa menzione di Olmi (L’albero degli zoccoli), chiudo con Bertolucci che ha inserito gli alberi nell’onomastica dei suoi film. Olmo è l’eroe positivo (interpretato da Depardieu) di Novecento, mentre la signora Pioppi ha il volto di Alida Valli. Invece l’autista giapponese del Conformista si chiama Alberi, chissà perché.