La perdita della biodiversità, il deterioramento ambientale e i disastri come Chernobyl o l’esplosione della piattaforma petrolifera nel golfo del Messico sono la misura della capacità attuale dell’uomo di stare al mondo. Si sa che l’essere umano è giovane su questa Terra e lo dimostrano, oltre a questi fatti, le risposte solo recenti a fenomeni distruttivi quali razzismo e apartheid, superati meno di venti anni fa, e il perseverare nella scelta della guerra - tra bande, etnie, religioni.
Non si sono inoltre ancora stabiliti sistemi risolutivi a limitare la monopolizzazione delle risorse, appannaggio di una minoranza numericamente inconsistente eppure efficacemente destabilizzante. Come accade ai cugini scimpanzé – ma non ai cugini bonobo, conosciuti come scimpanzé pigmei, che hanno sviluppato una società per lo più non violenta e paritaria – la nostra specie, vista nel suo insieme, risolve parte delle questioni di dominanza e territoriali sopprimendosi e, finalmente padrona di uno spazio e delle sue risorse, predilige l’approccio mordi e fuggi, la memoria corta, lo sfruttamento alla strategia a lungo termine. Poiché la specie è fatta dai singoli individui, nel nostro caso per lo più pensanti, senzienti e attori, sono questi a porre le scelte, a fare la tendenza.
L’essere umano è giovane nella storia del pianeta, è vero, ma vecchia quanto l’uomo è la sua saggezza. Ha inventato la musica, il teatro e la scienza, guarisce i malati, si prende cura dei bambini soli (questo lo fanno anche gli scimpanzé che adottano i piccoli rimasti orfani) ed ha inventato la carta dei diritti, ha liberato la donna, condannato la schiavitù, la discriminazione e la pena di morte.
Ha infine denunciato il maltrattamento degli animali e l’abbattimento degli alberi, non solo per salvarli quale polmone del mondo ma anche per puro piacere contemplativo. La storia altro non è che la performance della nostra specie e se è vero che la storia la fanno i singoli uomini possiamo credere che il nostro futuro sarà pulito e pacifico.
Per lavorare a questo scopo bisogna fare le scelte giuste, analizzare lo stato delle cose e contribuire, come individui e come società civile prima di tutto a salvare il salvabile e poi a costruire relazioni positive tra gli uomini e tra questi, gli animali e l’ambiente.
L’organizzazione che presiedo, la onlus Jane Goodall Institute Italia (JGI Italia), è impegnata in Africa e in Italia in progetti concreti a beneficio delle comunità locali, per migliorarne la qualità della vita, tenendo conto dei fattori sociali, economici e ambientali. Nell’anno internazionale dedicato alla conservazione della biodiversità il JGI celebra 50 anni di ricerca sugli scimpanzé, lo studio più lungo mai svolto su una specie libera in natura.
Avviata nel parco di Gombe in Tanzania nel 1960 dalla scienziata Jane Goodall - oggi Messaggero di pace ONU e fondatrice dell’Istituto internazionale che porta il suo nome - la ricerca sul campo ha coinvolto nel corso degli anni numerosi scienziati, africani e provenienti da varie parti del mondo, delineando con sempre maggior chiarezza la biologia e il comportamento di questa specie a noi così simile. Prima di Goodall sapevamo poco o nulla sulla vita dello scimpanzé e assai meno della nostra storia evolutiva.
Ma il viaggio iniziato da Jane Goodall nel luglio del 1960 è stato ancor più di una serie di scoperte scientifiche su una specie - tra l’altro a rischio di estinzione – perché ha portato alla nascita di un movimento in difesa della natura e di un approccio metodologico alla conservazione assolutamente innovativo, come solo l’esperienza di anni trascorsi sul campo poteva suggerire.
Jane Goodall è un’icona per migliaia di giovani e meno giovani che grazie al suo esempio possono credere che l’azione del singolo conti veramente, che agire consapevolmente e con responsabilità contribuisca di fatto a creare una società positiva. Per proteggere è necessario volerlo e per desiderarlo occorre prima di tutto coscere, per questo l’educazione alla conoscenza è un obiettivo imprescindibile del Jane Goodall Institute.
Ma come si fa a parlare di varietà biologica e culturale a chi per sopravvivere deve compiere chilometri per raccogliere un secchio d’acqua o lotta contro la malaria e la dissenteria? come si fa a tutelare il territorio degli scimpanzé se chi vi abita accanto non ha di che sfamare se stesso e la propria famiglia? o a parlare di futuro a chi ha visto morire i propri genitori di aids, a chi ha l’aids perché ci è nato? Si possono dare risposte a queste domande solo lavorando insieme per uno sviluppo responsabile, molto meglio se dando l’esempio.
http://www.janegoodall-italia.org/