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LA CITTA' VERDE DEGLI ANIMALI
ROBERTO MARCHESINI

  I miei ricordi di bambino sono indissolubilmente legati ai Giardini Margherita, un piccolo parco cittadino che si affaccia sulla cinta muraria meridionale di Bologna, proprio ai piedi delle colline preappenniniche. Allora mi sembrava immenso, con i suoi maestosi cedri, i grandi cipressi calvi prospicenti il laghetto, il querceto che circondava la gabbia del leone. Ricordo ancora quanto fascino mi trasmettesse l’aria quieta del parco, lo chalet immerso nelle nebbie invernali, il tappeto delle pratoline primaverili che allora ritenevo eponime di quell’angolo di mondo precluso alle automobili. 
  Non è passato molto tempo da quel periodo, indubbiamente con il crescere ogni cosa assume le dovute proporzioni, e tuttavia il mio parco ha conosciuto l’infezione cementifera e oggi porta innumerevoli cicatrici che ne hanno intaccato la pur modesta naturalezza. All’interno del parco si sono costruiti centri sociali, palestre, asili, percorsi attrezzati, strade asfaltate... insomma si è tenuto in ben misero conto il fatto che esso fosse l’unico spazio verde della città. L’erosione l’ha trasformato in un brandello di verde, scompaginato dalle troppe strade e dalle troppe attività, preso d’assalto, il fine settimana, da bande di maleducati fruitori. 
  Sicuramente nelle mie parole c’è anche un’astiosa nostalgia, eppure mi chiedo se questa deriva, che sembra inevitabile, non possa essere fermata, se la marea invasiva non possa trovare una scogliera. Perché non si sente il bisogno di aumentare gli spazi verdi, quando tutte le persone, appena possono, si accalcano nei pochi fazzoletti naturali con una frenesia indescrivibile? 
  I parchi cittadini sono infatti delle vere e proprie valvole di sfogo a disposizione di tutti: in un parco è possibile ritrovare i segnali della natura, assimilarli nel proprio ricordo e renderli significanti, ritagliarsi degli spazi di autenticità. Il parco è importante soprattutto per gli anziani e per i bambini, che possono sfuggire le maglie della nevrosi urbana e quindi muoversi seguendo ritmi più umani. Il parco è importante per le persone che presentano handicap, per i malati, per i degenti, per coloro che hanno bisogno di fare del moto. 
  Il parco in genere è il doppio speculare del centro città: iperdomestico quest’ultimo richiama e sottolinea il tentativo di rinselvatichimento del parco. Il cittadino è preso così da questo moto ondulatorio tra due realtà lontane e vicinissime, che si traduce in un piacevole passeggiare quasi lungo la storia filogenetica della nostra specie.  Camminando all’ombra degli ippocastani o dei monumentali faggi rossi si respira una miscela di aromi che parlano a una memoria antichissima, sicuramente istintiva, ed è suggestivo ritrovarsi poi di colpo nel caleidoscopio dei negozi del centro. A Bologna questo lasso di tempo non supera i dieci minuti. Penso altresì a Roma, alla scalinata di piazza del Popolo, al parco delle Mura di Genova, al parco Lambro di Milano. E in effetti un parco cittadino, in particolar modo se integrato con le aree abitative, attraverso spazi verdi di infiltrazione, diventa un luogo di interesse. 
  Il parco è il paradiso degli animali domestici, la meta ambita del loro immaginare, una specie di oasi dove soddisfare tutte le frustrazioni della domesticità coatta. Gli animali, soprattutto i cani, al parco si trasformano, liberando le energie represse. E questo è ciò che accade anche all’uomo: il parco cittadino è infatti un’area di rifugio che ci dà la possibilità di ristorare la nostra mente, di recuperare le forze, di distrarci dalla monotonia frenetica della mobilità urbana. 
  Nel parco il rapporto con gli animali diviene più naturale, più completo, manifesta cioè tutte quelle potenzialità che, per forza di cose, all’interno delle mura domestiche vengono contenute forzosamente, quando non addirittura represse. È all’aria aperta, correndo su un prato, o tra gli alberi, abbandonandosi al movimento, che si scopre quello che veramente ci può dare un amico a quattro zampe. In casa molti animali non possono far altro che scimmiottare abbozzi di comportamenti umani, al contrario in un parco cittadino liberano tutto il loro estro e la loro natura. Inoltre va detto che in un parco non c’è confine tra il rapporto privato con il proprio animale e l’apertura all’osservazione e all’empatia con il mondo vivente in senso lato. L’uscita all’esterno può pertanto giovare a quelle situazioni che presentano una sorta di morbosità di rapporto. Queste circostanze sono tutt’altro che infrequenti e spesso possono evolvere in stati di angosciante antropomorfizzazione dell’animale.
  In un parco tutto assume di nuovo la giusta dimensione.  Un parco cittadino ben progettato, che presenti un mix coerente di specie arboree e arbustive, con siepi e prati naturali, accoglie una quantità di vita davvero incredibile. Nei primi giorni d’aprile, con la fioritura di molte essenze, il risveglio dalla letargia invernale di molti insetti pronubi e l’arrivo degli uccelli migratori, questi ambienti diventano una vera e propria esplosione di colori e di gorgheggi e inevitabilmente questo esubero di vitalità ci coinvolge. È assolutamente insensato privarsi di queste esperienze, ma soprattutto ci impedisce di capire nel modo più pregnante cosa sia l’alterità animale. 
  Come dicevo, i parchi cittadini sono luoghi indispensabili per gli animali domestici. Forse non tutti sanno che anche gli altri animali sognano, a volte borbottano e si arrabbiano durante il sogno. Io credo che sia piuttosto frequente nei cani il sognare le scorribande fuori dall’angustia domestica, nella quotidiana passeggiata con il padrone. Per un cane questo appuntamento è importantissimo perché gli permette di espletare l’impulso alla perlustrazione e alla ricerca, tendenze connaturate ai bisogni più intimi del nostro fedele amico. 
  La città degli animali ha perciò un grande bisogno di spazi verdi, di parchi cittadini, di rifugi naturali. Solo nella ricchezza di verde bambini e cani possono giocare insieme senza diventare competitori tra loro dei piccoli e squallidi fazzoletti di verde circondati dal catrame.  Questo è un problema non di poco conto, perché spesso i possessori di animali sono accusati di togliere ai bambini la possibilità di giocare all’aperto, a causa dell’eccesso di escrementi e quant’altro. Va detto che la colpa non è affatto degli animali domestici – quantunque spesso si renderebbe necessaria un po’ più di civiltà da parte dei padroni dei cani, che sovente non si preoccupano minimamente di insozzare ogni dove e in genere si guardano bene dall’usare palette o altri strumenti di pulizia – ma il vero grande responsabile resta l’esiguità di spazi verdi.

Data: 05/03/2010
Autore: ROBERTO MARCHESINI
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