L'autorevole rivista Nature, nel novembre 2005, a fronte di riscontri positivi in percentuali minime ha dichiarato i test sugli animali, eseguiti in buona parte per obbligo di legge prima di procedere sull'uomo, cattiva scienza. Malgrado alcune similitudini, di fatto ogni specie è a sé, e soprattutto in ambito tossicologico la vera sperimentazione si attua al momento di passare alla nostra.
Già secondo Charles Darwin l'umano non costituisce la meta verso cui tutte le altre specie tendono nel corso dell'evoluzione, al culmine della quale tutte parimenti si trovano. Perciò il fatto stesso che gli animali non siano brutte copie degli umani, li rende inadatti allo studio della medicina che invece all'uomo si rivolge.
Nel XIX secolo Louis Pasteur raggiunse tre fondamentali obiettivi, sterilizzazione, pastorizzazione e la teoria dei germi della malattia, senza utilizzare animali. Fu grazie all'osservazione se scoprì il passaggio di microrganismi da una persona sull'altra; sui cani sperimentò invece un vaccino contro la rabbia, benefico per loro ma inutile e pericoloso per l'uomo.
Il suo contemporaneo Robert Kock, batteriologo tedesco, per dimostrare alcuni suoi postulati sugli agenti patogeni prese a inoculare tessuti umani infetti nei topi bianchi, che però non contraevano la malattia. Con altri animali ebbe risultati analoghi, così si limitò all'impiego del microscopio e scoprì l'agente patogeno del colera. Ricominciò da capo cercando di mettere a punto sugli animali un vaccino per la tubercolosi, che con puntualità si rivelò catastrofico per le persone. Qualche tempo prima di morire, in un suo scritto, Koch riassunse la propria esperienza: "Un esperimento su un animale non dà alcuna indicazione sul risultato dello stesso esperimento su un essere umano".
Se ne sono fatti più di recente un'idea i sei volontari finiti nel reparto di rianimazione del Northwick Park Hospital di Londra dopo essersi sottoposti, nel marzo 2006, alla somministrazione del farmaco TGN1412. Studiato per la cura della leucemia linfocitica cronica delle cellule B, fino allora non era mai stato verificato su persone, ma ampiamente testato sugli animali senza riscontrare particolari effetti indesiderati.
Molti, d'altro canto, ricorderanno che a metà anni Cinquanta un tranquillante per le gestanti chiamato Talidomide si dimostrò teratogeno, ovvero capace di alterare il corredo genetico con ripercussioni sul normale sviluppo dell'embrione. A partire dal 1956 presero a nascere bambini focomelici, ma il Talidomide rimase in commercio. Benché il pediatra tedesco Widukind Lenz avesse indicato tale correlazione basandosi su centinaia di riscontri, per cinque anni gli scienziati s'incaponirono a trarre dagli animali quanto era già evidente nell'uomo. Dopo migliaia di esperimenti vani, si ottennero alcuni cuccioli focomelici dal coniglio bianco neozelandese, una delle centocinquanta razze di conigli esistenti al mondo, impiegando dosi di Talidomide fra le venticinque e le trecento volte superiori a quelle destinate agli umani.
Il farmaco fu infine ritirato dal commercio nel 1962, dopo la nascita di diecimila bambini focomelici.
Da La pelle dell'orso - noi e gli altri animali (Mondadori 2007)
Margherita d'Amico è scrittrice, pubblicista e presidente de La Vita degli Altri onlus