Una legge snaturata che contro ogni evidenza scientifica, ogni buon senso e ogni senso di rispetto verso gli esseri viventi condanna milioni di innocenti animali indifesi alla tortura e alla morte cruenta. La strage invendicata di milioni di animali marini uccisi dalla marea nera del petrolio. Un sindaco del Cilento ammazzato perché stava lottando con intelligenza, coraggio e successo contro il degrado ambientale della sua terra. Un sindaco che a mente fredda sceglie di distruggere la pace, l'armonia e la vita naturale di un intero quartiere armoniosamente edificato come verdissima città giardino miracolosamente conservatasi intatto fino adesso, per farci passare un rombante e cementificante circuito automobilistico non richiesto da nessuno. Ragazzi portatori di handicap privati a scuola degli insegnanti di sostegno, ossia condannati all'esclusione e al regresso. Cittadini inascoltati.
L'orrore che ci circonda non può più esserci nascosto, ormai troppo risuona l'antica frase di san Paolo: "Tutta la creazione geme".
Di fronte ai moltiplicantisi motivi di tristezza mostrati da TV e giornali, se molte persone ancora ce la fanno a non pensarci, a girare la testa dall'altra parte, a "distrarsi", - tirarsi via - , molte altri invece sono segnate dalla notizia sgomentante, dalla foto raccapricciante, dal documentario che testimonia con occhio quasi sadico realtà crudeli. Sono gli spiriti più giusti, più umani nell'antico senso di humanitas, più sensibili alla bellezza , quelli che soffrono di più. Gli ambientalisti sono fra questi. La loro tristezza è più vasta di una tristezza personale, umana, è una tristezza filosofica, esistenziale, colpisce molto profondamente, colpisce la voglia di vivere, la fiducia nell'esistenza di un dio positivo, la fiducia nelle proprie risorse di fronte alla vita.
L'ambientalista è in somma misura empatico, l'ambientalista è uno che ha tutti i sensi svegli e quello che ha visto, che ha udito, non può scordarlo come fanno altri più disattenti. Magari potesse scordare, non sapere, tornare a essere con il mondo come il bambino che tende le mani e strilla di gioia verso una cosa bellissima che vede la prima volta mentre scende luminosa dall'alto: una foglia nel sole d'autunno.
Come dice Emily Dickinson:
Se avessimo le ali
Per fuggire dalla memoria
Molti vorrebbero volare.
Abituati a cose più lente
Gli uccelli con sgomento
Osserverebbero il potente
Stuolo degli uomini In fuga
Dalla mente dell'uomo.
E' la mente che ci rende tristi, la mente, le sue immagini, i suoi ricordi. Essere tristi è anche giusto, fa parte della vita; quella vita che è superiore a ogni giudizio, che esiste e ha in questo il suo massimo valore. Quel che possiamo cercare di evitare è la depressione, che come dice la parola deprime, preme all'ingiù. Però, posso fare un piccolo elogio della depressione?
Elogio della depressione? Cosa c'è da elogiare nell'umore tetro, nel cuore gonfio come una pietra, nella voce che si perde nella gola, uccello di palude che vola basso? Qualcosa di buono c'è, altrimenti tante persone non se la terrebbero così vicina e così cara. Un'energia speciale; molto potente, se è capace di simili effetti. Allora, ci conviene farcene un'amica.
Vediamo cosa la depressione dell'ambientalista, per esempio, gli porta di utile.
La depressione è, a suo modo, un avvicinamento alla realtà. E' un mollare la presa sui propositi e sulle illusioni che in quel momento mostrano la loro irrealtà. Non che la visione del mondo del depresso sia la realtà. Anche gli scienziati, oggi, parlano non più di verità scientifiche ma solo di possibili modelli di interpretazione del mondo, che domani possono essere cambiati.
Einstein, Pauli, Heisenberg insegnano che non esiste oggettività scientifica, perché la stessa osservazione altera l'oggetto osservato (non v'ha mai sfiorato, eh, vivisezionisti?...).
Ma quando siamo tristi, ci siamo innanzitutto un po' salvati dal falso modello di allegria a tutti i costi che ci incombe da ogni manifesto e ogni festa: per cui diventa proibito, quindi ancora più angosciante perché rimosso, allontanato dalla coscienza, ogni accenno alla realtà della sofferenza, sia intorno a noi che in noi. Ecco allora che ci sentiamo così male quando perdiamo una persona cara; quando vediamo un barbone per strada, abbandonato da tutti; quando vediamo un albero potato a morte; quando vediamo la foto del coniglio con gli elettrodi infilati nella testa, del sindaco ammazzato, dell'uccello marino affogato nel petrolio.
Quando ci permettiamo di essere depressi vuol dire che stiamo un po' ascoltando noi stessi. E' sempre meglio che star ascoltando altri.
Inoltre, se non vedo i miei limiti e i limiti del mondo, non posso fare alcunché per ampliarli; anzi, ci sono ancora più dentro, perché non ne sono consapevole. Se non vedo i miei limiti ci vado a sbattere contro malamente quando mi pongo un progresso senza rive: testimone la rana della favola, che non sapeva di avere confini alla propria capacità di gonfiarsi, e nella sua smania di essere grossa come il bue, perse non solo il limite ma anche la pelle.
C'è la depressione più grave, quella dopo un lutto, una perdita: di una persona cara, di un amore , di un posto di lavoro, ma anche di una terra amata, di un ambiente naturale a noi affine, di luoghi della terra finora sempre immaginati come intatti, degli alberi del nostro viale, di un animale che forse ci era più vicino di qualsiasi altro essere, testimone di fronte a cui noi esistevamo, per il quale eravamo importanti, piccolo peso caldo sul nostro corpo la sera, occhi che ci seguivano.
Anche qui è normale e naturale essere depressi, è innaturale "fare finta di niente", "non pensarci", fare come se niente fosse accaduto", "scòrdatelo, scòrdatelo!". Se cacciata nell'inconscio, la memoria busserà alla porta dell'anima ancora più forte, si affaccerà come stanchezza, come inerzia, come dolori alle ossa, come colite- questo pianto delle viscere- , come mal di denti o peggio.
Freud ha insegnato come comportarsi di fronte al lutto, descrivendo il lavorio del lutto. Egli dice che invece di rifiutare il ricordo, il ricordo del mondo come era bello quando il mare era pulito, gli animali all'alba del mondo vivi, liberi e lontani da cacciatori e torturatori, i bravi sindaci vivi ed efficienti, bisogna accettarlo consapevolmente così come si presenta , sotto forma di piccoli ricordi quotidiani: accettare il ricordo insieme al suo dolore. Ogni puntura accettata significherà la rottura di una maglia nella rete del dolore, finchè della notizia che ci ha fatto soffrire resterà solo l'immagine di ciò che abbiamo amato, la sua bellezza. E sarà questa immagine bella ciò che tramuterà l'inerzia triste in azione motivata dall'amore, quindi forte, efficace.
"Se muoio, sopravvivimi con tanta forza pura, Non amo che vacillino le tue risate né i tuoi passi, Non amo che muoia la mia eredità di allegria" dice Neruda alla sua amata. Neruda parla di forza, forza che viene dopo un grandissimo dolore. La forza della molla che, schiacciata fino a terra da un peso troppo opprimente, non può che rialzarsi, schizzare ancora più in alto.
I Greci lo sapevano, che parlavano di enantriodomia: la legge per cui una cosa quando ha raggiunto il massimo della sua espansione inevitabilmente decade, diminuisce, si spegne. Così sarà delle atrocità cui assistiamo, caro lettore: la legge sulla sperimentazione animale è talmente inverosimile che non può che sgonfiarsi, che verrà rovesciata.
Animo, lettore! Coraggio! Facciamo la raccolta di firme, la manifestazione, la lettera di protesta, il passaparola, lo SMS alla radio, ai giornali, al deputato. Strilliamo forte! Informiamo gli amici e i conoscenti. Rispondiamo ai rinunciatari che dicono che la legge orrenda ormai è stata firmata, dicendo loro la magica frase: "Sì: per ora". Perché la legge delle cose è il cambiamento, e perché, come dice il Tao, un palazzo di sei piani cominciò da una sola pietra, e un lungo viaggio iniziò da un passo. Essere orientati alla vittoria, senza pretendere che si produca quando non è il suo momento. Tendere senza pretendere, come diceva Gandhi.
La depressione dell'ambientalista, come ogni depressione, viene da una perdita del senso di onnipotenza che da piccoli ci faceva credere che bastava esprimere, o anche solo provare, un desiderio e si era generalmente accontentati. E' dell'adulto tener presente la sgradevole verità che a questo mondo non basta presentarsi per avere tutto e che i doni della vita vanno ottenuti offrendo a propria volta apertura al mondo, disponibilità alla mediazione tra diritti reciproci, e impegno personale.
Di fronte alle cattive notizie, alle catastrofi ambientali, abbiamo due possibilità. O assolutizziamo la perdita: va tutto male, è la fine del mondo, non c'è più speranza per gli animali, per le piante, per il mare, per le persone oneste, non c'è più niente da fare. Oppure relativizziamo la perdita: se non ho più la spensieratezza di quando non ero a conoscenza di tante cose, se non c'è più il mare pulito, il quartiere intatto, gli animali non toccati dalla sperimentazione, però ho maggiore autonomia dal mondo come mi era descritto da chi mi nascondeva le cose; adesso so più cose e siccome l'informazione è potere adesso ho più potere , quindi posso combattere in modo più efficace; e adesso gusto di più i piaceri che mi restano, perché so che sono passeggeri, quindi preziosi.
Comunque, la depressione ci fa soffrire, mentre l'unico dovere che abbiamo è quello di essere felici, come disse un giorno l'attuale Dalai Lama a un visitatore occidentale che gli chiedeva quale riteneva fosse il principale dovere degli uomini. Allargando un sorrisetto dolce e malizioso sul viso oblungo, questo giovane- vecchio saggio rispose semplicemente:
"L'unico dovere che abbiamo è di essere felici...".
E poiché l'interlocutore, che si era aspettato qualche precetto religioso, aveva permesso alla sua immediata gioia nell'ascoltare quelle parole di essere aggredita dal dubbio:
"E come essere felici, Vostra Santità?"
Il grand'uomo rispose con una nuova frase di gioia:
"Ciascuno a suo modo. Devi ammettere la pluralità dei modi di essere felice".
Allora, di fronte alle catastrofi che ci addolorano, prendere forza tenendoci vicino alle cose per noi belle e alle persone a noi mostratesi sagge e buone, al nostro personale letto di rose : reculer pour mieux sauter, come dicono i francesi, indietreggiare per saltare meglio in avanti, studiare nuove strategie, serrarci ai nostri alleati, e...avanzare di nuovo!
La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro