Alex Bellini non ama parlare di sfide. L’unica che conosce è la ricerca di vivere in armonia con la natura. Nel 2006 ha compiuto la prima traversata a remi dell’Atlantico, nel 2008 la più lunga mai compiuta: da Lima a Sidney fermandosi a 120 Km dalla Costa Australiana.
18.000 Km di Oceano senza scali, senza aiuti, senza rifornimenti. Una grande avventura che racconta nel libro Il Pacifico a remi (Longanesi). Un rapporto con il mare forte, intenso. Un rigore imparato dalle sue montagne. Bellini è nato nel 1978 all’Aprica, in Valtellina. Un montanaro con il desiderio di mare.
«Ho iniziato da piccolo a stare in contatto con la natura. Da adulto ho sempre cercato di ricreare quel rapporto di vicinanza. Amo le montagne di casa, le Alpi Orobie, le Retiche. Mi riportano all’infanzia, ma non le ho mai vissute come un’alpinista. Non le ho percorse in lungo e in largo come avrei voluto, ma le porto nel cuore».
La Valtellina ha subito modifiche?
L’uomo ha inciso non poco sulla mia terra. Si sono buttati tutti verso un turismo che esige sempre più piste da sci, collegamenti in quota tra un impianto e l’altro. L’altra modificazione un po’ meno di impatto, però altrettanto visibile, è quella dei terrazzamenti. In Valtellina si beve del buonissimo vino, che cresce in condizioni estreme. Madre natura non ci ha dotato di ampie zone dove piantare le vigne, si sono inventati i terrazzamenti per la viticoltura.
Creano danni alla natura?
Non credo, ma bisognerebbe chiederlo a un geologo. Hanno cambiato, in alcune zone, il paesaggio, e creato lavoro. Non tutte le modificazioni apportate dall’uomo sono negative. Se la natura è perfetta, qui l’uomo ha voluto fare di più, creando qualcosa che fosse di profitto per sé.
Cosa le ha insegnato la montagna?
La meditazione, la capacità di raccogliermi per cercare energie, il desiderio di aspirare a qualcosa di più alto. E’ il primo ambiente in cui mi sono immerso, allontanandomi da me, dai miei impegni. In montagna ho iniziato a sognare, a desiderare qualcosa di diverso che non fosse la laurea, la carriera.
E il mare?
Ad averne rispetto. La natura sa essere spietata con chi vi si avventura con leggerezza. Il mare mi ha insegnato ad approcciarmi in silenzio, nella speranza di non scatenare le furie. Solo con grande umiltà uno può cercarvi i propri obiettivi, per tornare a casa con la pelle salva e raccontare la propria storia.
Perché ha voluto vivere la natura in modo estremo?
Non estremo: volevo viverla nella maniera più vera possibile, arcaica. Il mare e la montagna sono teatri perfetti per esplorare. Nella natura uno può essere ciò che è. Viverla in modo originario consente anche di recuperare quel forte accento animalesco che ci contraddistingue.
Ha passato mesi in mare. Si è mai detto: «Sto sbagliando, vorrei tornare indietro»?
In ogni scelta, anche in quella più fondata, arriva un momento in cui nasce il dubbio. Le difficoltà, le prostrazioni, portano a fare un esame di coscienza. Durante i miei lunghi viaggi non ho trovato certezze, solo altre domande. Come se della gioia cercata avventurandomi per mare sentissi solo il profumo. E’ la prima molla che ti spinge ad andare avanti, oltre. Tornato dalla traversata dell’Atlantico, pensavo già ad attraversare il Pacifico.
Perché ha voluto percorrere due oceani a remi e non con altre imbarcazioni?
Per la compatibilità con l’ambiente. E perché la barca a remi rappresenta il mezzo più lento e antico per attraversare l’oceano. Volevo una traversata dura, conquistare con fatica ogni centimetro di oceano.
Cosa le ha lasciato questa esperienza?
Mi ha cambiato la vita. Ho avuto tanto tempo per pensare a me stesso, a ciò che voglio dalla vita. Al ritorno dalla prima traversata ho chiesto Francesca di sposarmi e dopo la seconda abbiamo deciso di costruire una famiglia. Sono papà di Sofia. Sono contento che sia stata questa la conseguenza diretta dei miei viaggi. C’è altrimenti il rischio di vivere una vita da navigatore, da solitario.
L’uomo ha molto violato la natura. Torneremo mai indietro?
Ci sono pressioni, forze in gioco, soprattutto economiche, che rendono l’uomo il peggiore essere vivente su questa terra. Non prevedo un cambiamento radicale in contro-tendenza. Ho attraversato mari incontaminati, puliti, ma viaggiando ho notato che ovunque l’uomo mette il proprio zampino crea grossi danni. Ho visto cisterne di navi da carico che scaricavano in acqua tonnellate di rifiuti e acqua oleosa. Il vero pericolo per l’ambiente non è rappresentato da se stesso (gli uragani o le forze della natura) ma dall’uomo che con la sua astuzia riesce a deturpare qualsiasi luogo incontaminato.
C’è un luogo che vorrebbe preservare?
Quelli che non ho ancora visto. Mi piacerebbe poter raggiungere il Polo Nord o il Polo Sud, l’Antartide o l’Artide che soffrono il surriscaldamento globale. E non so quanto dureranno. Mi piacerebbe esplorare in futuro il Polo Nord, ma quel giorno forse i ghiacci si saranno completamente sciolti.
E uno che ha ricorda con emozione?
Vorrei che mia figlia, mia moglie potessero vedere l’Alaska come l’ho vista io. C’è un mix di eco-sistemi, dalla tundra artica alle grandi montagne, alle grandi valli, alle nevi perenni o ai grandi fiumi. E’ il posto più bello che visto nella mia vita. Ma è da proteggere.
Non sono consapevoli del patrimonio che hanno?
Camminando nei boschi si trovano ovunque trappole per piccoli animali selvatici; sia trappole per alci che per la piccola selvaggina. Non c’è un piano regolatore, l’area è talmente vasta che le autorità non riescono a raggiungerla e a regolamentarla. C’è un uso esagerato di motoslitte (il loro mezzo principale), e d’estate sfruttano per spostarsi il corso dei fiumi, inquinandoli. Solo i ragazzini nelle scuole sembrano sensibili all’ambiente in cui vivono.
Dal ghiaccio, al mare, all’aria. Oggi conduce una mongolfiera. Com’è il mondo visto dall’alto?
Affascinante. A terra non si ha la percezione delle geometrie, dei piccoli avvallamenti o delle forme che può prendere un corso d’acqua; dal’alto tutto sembra avere un ordine preciso. Volo sopra il Po, il Ticino, i piccoli torrenti attorno ai quali si forma sempre un ecosistema fatto di alberi, di animali.
Ha fatto sempre scelte di trasporto ecologiche e poco inquinanti…
Certo. Come poter credere a una persona che racconta di ciò di cui stiamo parlando, se poi va a fare i rally nella foresta o le cavalcate con la moto? E’ impegnativo inventare un modo per accostarsi alla natura in maniera sostenibile. E’ un obbligo che mi sono dato: esplorare, ma nel modo più leale possibile.