Di fronte all'annunciato progetto di una nuova Formula Uno nel mezzo di un quartiere di Roma, una pista che andrebbe a distruggere una città giardino perfetta ed esemplare nel suo equilibrio fra spazi costruiti e spazi verdi, la gente si domanda come è possibile anche solo pensare a una cosa del genere, sapendo che distruggere una grande quantità di piante è un'azione gravissima, perché in un solo giorno d'estate un solo albero di grandi dimensioni, come sono quelli dell'EUR , immette nell'atmosfera 400 litri d'acqua, la preziosa indispensabile acqua che va diminuendo ovunque.
La gente si domanda come si possa ignorare l'esistenza dell'articolo 650 del Codice Penale che proibisce l'eccesso di rumore nei centri abitati, perché i rumori fortissimi, come i boati delle tremende macchine da corsa, danneggiano non solo il sistema auditivo - secondo la Californian Medical Association su 43 musicisti di rock pesante 41 hanno riportato la perdita permanente dell'udito - ma anche il sistema cardiocircolatorio, con ictus e infarti, e il sistema nervoso, che salta ai rumori improvvisi e scivola facilmente nel panico.
La gente si domanda se i progettatori della pista si sono domandati quante scuole anche materne ci sono all'EUR e se sono al corrente che i boati assordanti rendono impossibile il lavoro scolastico e terrorizzano i bambini più piccoli.
La gente si domanda se i progettatori sanno che il rumore fortissimo è la prima causa di infertilità negli animali e, si sospetta , anche nell'uomo. Se sanno che fa male agli stessi alberi, come hanno dimostrato gli studi sulla sensibilità delle piante alla buona e alla cattiva musica (Peter Thompkins e Cristopher Bird, "la vita segreta delle piante").
Allora ci si domanda: come è possibile fare un progetto simile sapendo tutto questo, tutti questi enormi danni a un grande spazio vivo e ai suoi innumerevoli abitatori ? Come si può coscientemente progettare un percorso urbanistico che porterà la morte?
Forse la risposta è che alla gente non interessa la vita: viviamo in una cultura di morte. Si vendono armi a chiunque. Si danno in mano ai giovani dispendiosissime, pericolosissime macchine con cui possono ammazzarsi il sabato sera; li si riveste di costosissimi equipaggiamenti militari per mandarli a morire da qualche parte lontano. Alla gente non interessa la vita, altrimenti non ci sarebbe tanta distrazione di fronte alla sofferenza che c'è intorno . Alla gente interessa vedere un senso nella vita, qualcosa di luminoso e positivo; perciò chi ama qualcosa, la musica o gli animali, la lettura o gli alberi, la cucina o la famiglia, gli amici o i viaggi, la solidarietà o la giustizia, il cinema o il proprio lavoro, la ricerca religiosa o la poesia, è sempre salvo, perché ha avuto la fortuna di cogliere nella vita una luce, un valore.
Un'altra risposta è storica: è quella che ha dato Joseph Campbell, lo studioso del mito , presentando nel 1990 il libro "Il linguaggio della Dea" dell'eminente archeologa e paleontologa Marija Gimbutas.
La Gimbutas ha decifrato attraverso l'analisi di migliaia di sculture, modellini di templi, vasi e statuette la visione del mondo delle antiche culture culture europee del Neolitico Antico (7.000-3500 a.C.),fondate sul culto della Dea Madre, la terra, egalitarie e non violente. Si venerava l'Universo come corpo vivente della Dea, che non era Venere ma semplicemente la fertilità della Terra, e tutte le cose viventi dentro di lei ; gli uomini del Neolitico Antico osservavano e veneravano le leggi della natura e le esprimevano con i simboli che si trovano sui loro manufatti e che non sono semplici decorazioni ma trascrizioni, comunicazioni, delle leggi della Dea: la ciclicità, i moti planetari, le leggi della fertilità. Quest'epoca di armonia e di pace finì quando dall'Asia centrale a partire dal VI millennio a.C. irruppero nell'antica Europa a ondate successive i violenti Kurgan, tribù indoeuropee di allevatori guerrieri che possedevano i cavalli.
Grazie alla velocità acquisita per mezzo dei dei loro destrieri, spazzarono via la pacifica civiltà fertile e serena della Dea, per sostituirvi i loro dèi trinitari tutti maschili, astratti e separati dalla terra, decaduta a polvere. Da cinquemila anni , dice Campbell, viviamo nel periodo storico che James Joyce ha definito "l'incubo", l'incubo delle contese determinate da interessi tribali e nazionali, da cui è giunta sicuramente l'ora che questo pianeta si desti.
Formula Uno, Monza, il cavallino della Ferrari, tutte espressioni di un feroce modello arcaico che sta mostrando la corda.
E se è vero che il paesaggio è uno stato d'animo , come diceva Corot, allora i modelli di velocità esterna si rispecchiano, e forse originano, da un modello interno, psicologico. Chi ha sempre fretta, chi passa il tempo a dirti che non ha tempo, chi accumula cose da fare, cose da iniziare, persone da vedere, chi mette fretta agli altri e si lascia mettere fretta senza rivendicare il diritto al proprio ritmo, obbedisce a un copione inconscio veramente tragico , perché nel messaggio: "Sbrigati!" è sottinteso:
"Tanto non ce la farai mai!", una prescrizione di fallimento.
Chi da bambino e da ragazzo ha ricevuto continui inviti a sbrigarsi, ha bisogno di un controcopione, un contromessaggio positivo. Una formula magica che annulla il maleficio. Immagina, lettore, di ascoltare una voce che per caso è la mia voce , ma che viene da molto più lontano e ti dice:
"TU HAI TUTTO IL TEMPO DI FARE CIO' CHE TI FA PIACERE".
Perchè la fretta è distruttiva, toglie il piacere di fare le cose, e nel profondo è la proibizione della gioia, che invece deve restare la cosa più importante.
Perciò per eliminare le Formule Uno almeno dal nostro paesaggio interiore e, chissà, un giorno dal paesaggio esterno, farsi rispettare da chi mette fretta, imparare a rispondere alle loro pressioni:"Sì, appena ho finito di fare questa mia cosa", "Sì, tesoro, DOPO". La gatta del proverbio ci ha insegnato che ad avere fretta si generano creaturine che non vedono.
Uno dei fascini , e della straordinaria efficacia terapeutica del Qi- Gong, la speciale ginnastica cinese anteriore al Tai- Chi-Chuan e che tutti i cinesi praticano al mattino nelle piazze, è costituito dalla estrema lentezza, come al rallentatore, con cui vanno eseguiti i dieci esercizi tradizionali.Uscendo dal tempo abituale, si esce anche dal modo abituale di pensarsi : si ha accesso ad altre risorse.
C'era una volta a Roma al tempo del fascismo una grande maestra elementare, Miranda Magagnini, letteralmente adorata dai suoi piccoli allievi sempre pronti non solo a portarle mazzi di rose ma a farle teneri agguati per strada per farsi prendere in braccio da lei ed essere trasportati trionfalmente a scuola. Quando una giovane maestra del tirocinio le chiese come si facesse a insegnare bene, l'anziana le disse tre sole parole:
POCHISSIMO:
PIANISSIMO.
LENTISSIMO.
E quando i bambini erano stanchi, li faceva dormire sui banchi, non c'era programma che fosse più importante , per non parlare del modello efficientistico imposto dal maschio regime. Pochi minuti, minuti d'oro, di rispetto del corpo e dell'anima. Pochi minuti, e rieccoli, ristorati, contenti di riprendere, e che guardavano l'adorata maestra con occhi brillanti. Tempo mai perso questo, tempo guadagnato.
La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro
Luciana Marinangeli e' scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione l'Alberata