Cominciai a pensare che quella casa doveva appartenere a qualche persona di gran riguardo, poiché tanti convenevoli sembravano necessari prima che fossi ammesso alla presenza del padrone di casa. Ma che una persona distinta si facesse servire solo da cavalli, andava oltre la capacità del mio intelletto. Temei che, per le sofferenze e le disgrazie, m'avesse dato di volta il cervello; sicché mi scossi e mi guardai intorno nella camera in cui ero stato lasciato solo: era addobbata come la prima, ma con maggiore eleganza. Mi strofinai ripetutamente gli occhi, eppure gli stessi oggetti mi ritornavano sempre alla vista. Mi misi a pizzicottarmi braccia e fianchi, sperando di potermi destare da un sogno. Infine mi fu giocoforza concludere che tutte quelle apparenze non potevano essere altro se non effetti di necromanzia e d'arte magica. Ma mi mancò il tempo di proseguire le mie riflessioni; perché il leardo ricomparve sulla soglia, e mi fece cenno di seguirlo nella terza stanza, nella quale vidi una graziosissima giumenta, un puledro e una puledra, che stavano a sedere sulle cosce sopra stuoie contessute non senza artifizio, e perfettamente nitide e linde.
La giumenta, entrato appena che fui, si alzò dalla stuoia, e, venutami dappresso, mi osservò minuziosamente le mani e la faccia, e poi mi lanciò un'occhiata di supremo disprezzo. Si voltò verso il leardo, e udii che fra loro ripetevano spesso la parola yahoo, del quale ignoravo il significato, sebbene fosse la prima che avessi imparata a pronunziare. Purtroppo non tardai ad essere meglio informato, a sempiterno mio disdoro. Il leardo, infatti, mi accennò col capo di seguirlo, e ripetendo, come già prima per la strada, la parola hhuun hhuun, mi condusse in una specie di cortile, dove c'era un altro edificio a una certa distanza dalla casa. Vi entrammo, ed ecco, tre di quei ripugnanti mostri, che avevo incontrati subito dopo il mio sbarco, m'apparvero nell'atto di cibarsi di radici e della carne di alcuni animali, che seppi poco dopo essere quella di asini, cani, e di qualche vacca morta per caso o di malattia. Forti giunchi tenevano legati i loro colli a una sbarra, mentre con gli artigli dei loro piedi anteriori reggevano il cibo e coi denti lo laceravano.
Il leardo, che era il padrone di casa, ordinò a un ronzino sauro, che era uno dei suoi servi, di slegare il più grosso di quegli esseri difformi e di condurlo nel cortile. Padrone e domestico mi portarono accanto alla bestia, paragonarono con ogni diligenza i lineamenti di essa coi miei, e ripeterono varie volte la parola yahoo. Non so quale fu il mio orrore e stupore, allorché scopersi in quel mostro né più né meno che una figura umana.
Traduzione di Carlo Formichi