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IL PAESAGGIO E' UNO STATO D'ANIMO - Dedicato a chi sente vuoto il paesaggio

 Dovunque vai, ovunque guardi intorno, a ogni discorso che senti, incontri persone con lo sguardo vuoto, col cuore vuoto, con la parola vuota, con le mani vuote di azioni  provviste di senso. Non vedono quello che hanno intorno, specie gli animali , le piante, la terra; guardano gli altri come se fossero di vetro.
 
Molte più numerose invece sono le  persone intente a riempirsi di qualcosa di esterno: birra, vino, droga, cibo, sigarette, sonno, shopping di cose desiderate e una volta possedute svalutate e messe via. Più che una forma di suicidio- contro chi non ha amato abbastanza, contro se stessi non perfetti- è piuttosto la volontà di eliminare un pensiero che angustia. Questo pensiero che disturba è:
 -
non ho avuto abbastanza (attenzione);
 
- mi dovevano tutto e non ho avuto niente;
 
- io dovevo essere perfetto, preferibilmente come mio fratello, non lo sono, dunque non piaccio.
 
Dunque la persona che si ingozza di cibo o di tranquillanti, che si ubriaca ogni sera, che compra in continuazione qualunque cosa che vede, che ritiene indispensabile fiutare cocaina a ogni festa,  che non sembra possedere invece la forza per reagire a una inciviltà, a una sofferenza altrui, in realtà non vuole eliminare questa vita, ma questo tipo di vita con questi pensieri ossessionanti.
 
Soffre di questa sindrome qualche ambientalista, la cui sensibilità a questa devastazione della natura aggiunge motivi se non di autodistruzione certo di angoscioso desiderio di fuga da questo mondo , di ricerca di un letto di rose  sempre con la paura che sia un letto di spine. "Anywhere, anywhere out of this world!", invocava Baudelaire , e si paragonava a un cigno  che  perduto in una fangosa strada di Parigi.
 
Chi scappa nel cibo, nel fumo, nella droga, nel sonno, nella TV, chi sogna Tahiti o il primo premio al Lotto.
 
Ora, cercare , a modo proprio, di stare bene, è in sé buono.
 
Ora, si vuole una cosa buona? Che sia veramente roba buona, e che non finisca, non dipenda dall'esterno, e non faccia male? Insomma, l'estasi?
 
Gli direi: " Amico, caro, tu vuoi l'estasi? Che non sia il negativo dell'estasi, che è la negazione della realtà: l'evasione passiva. Questa crea grande sofferenza, perché più eviti più perdi coraggio e più sei angosciato. Che sia vera, l'estasi: estasi significa sentirsi non separati dalla propria positività e dalla positività della vita; significa vivere la tua capacità di ascoltare gli stimoli della vita".
 
L'ambientalista timido, rinunciatario, evita la vita perché si pensa non OK di fronte agli altri secondo lui OK- quelli più forti, più affermativi, meglio dotati- , o di fronte agli altri secondo lui non OK. Utilizzo la terminologia dell'Analisi Transazionale, una delle forme moderne e più efficaci di analisi psicologica e di psicoterapia. 
  E
' facile sentirsi non OK nella cultura in cui viviamo. Il modello che abbiamo è quello del consumo, ossia della distruzione. Quando c'è un modello esplicito, gli corrisponde un tabù implicito, nascosto: quello di proteggere e conservare. Ciò è stato coltivato ad arte dai potenti, che da 2000 anni sapientemente allevano cittadini docili che vengono invitati a ricevere: pane e spettacoli, grata e vinci, birra irlandese sempre migliore, aspetta e spera: una felicità passiva. Il cittadino così non alza mai la testa, perché è libero solo di consumare, ossia distruggere, e distrugge così quasi inconsciamente il mondo, la propria autostima e se stesso: ecco l'inerzia di fronte ai problemi collettivi di importanza primaria , come la protezione del terreno, del mare, dei fiumi, degli animali, delle piante, della qualità del cibo e dell'aria, dei preziosi beni della cultura  e dell'arte; come l'accumulo gigantesco dei rifiuti e il moltiplicarsi di eventi naturali distruttivi, segnale chiarissimo che la Terra non ne può più.
 
Chi, più sensibile, ha visto bellezza e cose valide nella sua infanzia, e ora non ne trova, sente un vuoto di pensieri positivi su se stesso e sul mondo: "siamo soli", pensa, e cerca , con malinconia, qualcosa con cui riempirlo. Si sente solo, conta pochi gli amici, chi pensa come lui.
 
Allora gli direi, con le parole di André Gide:
 
"Amico, non dobbiamo  vergognarci che siamo in pochi. Il mondo è stato cambiato da poche persone."
 
Gli direi:
 
" Amico, l'unica presenza importante non è né una persona, né un mucchio di soldi, né una sostanza alterante, né qualunque oggetto materiale, ma la presenza di pensieri positivi, su se stessi e sul mondo. Come?
 
Per esempio - dedicato specie a stampa e Tv, ma anche a noi quando comunichiamo quotidianamente - smettere di parlare del 7 per cento di cose brutte che accadono nel mondo e parlare del restante 93 per cento di cose belle. Interrompere il processo distruttivo, capovolgerlo in processo di attivazione di altri punti di vista: soprattutto a scuola, dove si formano molte distorsioni e nevrosi. Al posto di modelli di distruzione proporre modelli di bellezza, perché come ha detto Dostojevskij la bellezza salverà il mondo. Perciò per esempio offrire ambienti con poche cose, tenute bene, con belle immagini, anziché molte cose tenute male. Offrire questo esempio nel proprio vivere, nelle scelte quotidiane.
 
Se vogliamo insegnare a un ragazzo a rispettare gli alberi, cosa sceglieremo di fare? Gli mostreremo un manifesto con un orrore da copiare, un orrido incendio che distrugge una pineta, e sotto, molto piccolo , il numero dei Vigili del Fuoco, anzi nessun numero, oppure gli faremo vedere la bellezza di un prato di alta montagna radioso dei colori delle piante medicinali e ronzante di dorate ai mormoranti, e sotto, grande, il numero dei benefici Vigili del Fuoco, questi eroi del nostro tempo?
 
Gli racconteremo di come Giulio Cesare iniziò a distruggere la foresta oceanica che copriva la Francia, concedendo ai suoi soldati appezzamenti di terreno confiscati ai legittimi proprietari, da disboscare per farci la loro casa e la romanizzazione della Gallia; o invece gli leggeremo la straordinaria storia vera dell'uomo che piantava alberi, Elzéard Bouffier, che viveva nell'Alta Provenza , e sembrava essere solo un pastore pacifico e solitario , e che invece piantò da solo, dalla maturità alla tarda età, centinaia di migliaia di alberi, querce magnifiche, faggi giganteschi, ridonando la vita a una terra desertificata e abbandonata? Una foresta di chilometri e chilometri di giganti verdi, tutti usciti dalle mani e dall'anima di quest'uomo, senza mezzi tecnici? E che aveva riportato l'acqua nei ruscelli e nei fiumi secchi, e con essa, nel tempo, vita e presenza umana, e lavoro per una giovane generazione, in case e campi un tempo abbandonati. Solo armato della "ostinazione nella generosità più magnifica", come dice Jean Giono che ne ha raccontato la storia in un libro cult ("L'uomo che piantava alberi", edizione Salani).
 
Come, ancora?
 
Per esempio al posto dei modelli di perfezione proporre modelli di gioia. La perfezione può essere ostile alla vita, è severa, è impossibile. La gioia- non una soddisfazione volgare - è possibile e alla fine è l'unica strada. La gioia dell'acqua che scende il suo pendio senza andare a sbattere contro il sasso, ma avvolge il sasso e segue  la strada giusta, quella naturale. Quindi, ALT alla circolazione di film, manifesti e TV violenti, ai libri e film horror, ai fumetti sadopornografici, ai diari scolatici truculenti, alla scuola competitiva, alla mania della "crescita"quando invece è urgente, buono e necessario proteggere , strettamente proteggere, ciò che esiste. Che si impari finalmente a sottolineare non gli errori, ma le cose fatte bene: la tecnica dell'applauso: su tre azioni, lodare quell'una che va bene. Chiudere gli occhi su tre difetti e  aprirli su tre qualità, di se stessi e del mondo. Sottolineare il lato positivo di ogni cosa, vedere i problemi come magnifiche occasioni in abiti da lavoro, guardare cose e persone non come appaiono ma nelle loro potenzialità positive. E al posto di "ma", "però", "invece", "invece io", parole a volte distruttive perché solo oppositive, mettere :"e", "e anzi", "e io", "io la penso in maniera diversa". Inventare il buon futuro che sarà. Nulla può accadere se non è stato prima immaginato.
 
E ricordare le parole di Goethe:
 
"Per restare giovani ogni giorno leggi una bella poesia, ascolta una buona musica, guarda un bel quadro, compi una buona azione".
 
E ancora:
  u
n paese, una scuola, non vanno bene se sono "competitivi". Un paese va bene se la sua terra , la sua aria e le sue acque stanno bene, se i suoi abitanti , alberi, animali e uomini stanno bene,  se tutti sono curati  secondo i loro bisogni. Tutti, anche i meno bravi, anche quelli che non parlano. E nella scuola non competitiva ognuno va bene se porta il suo contributo a modo suo; e sia ringraziato per ciò che fa.
 
Sia dunque ringraziato te che mi leggi, lettore, e chi mi offre di essere letta.

 


La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro
 

Luciana Marinangeli e' scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione l'Alberata

Data: 22/11/2010
Autore: LUCIANA MARINANGELI
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