Stanotte sognavo di navigare in un canale stretto da passarci appena. Non potevo staccare le mani dal timone e gli occhi dai bordi di cemento che sfioravano le fiancate della mia barca.
Dovevo concentrarmi tanto per non cozzare che non potevo guardare né avanti né indietro, né in alto né in basso. Ma intuivo di essere circondato perché udivo un fragore gonfiarsi intorno a me. L’aria si stava seccando e arroventando, una puzza indecifrabile mi toglieva il respiro.
Spengo il motore, getto l’ancora e purtroppo vedo. Un’interminabile colonna di motoscafi lanciati a tutta velocità mi sta piombando addosso. Miliardi di automobili, furgoni, scooter, pullman, autotreni, camion, pullman, autobus, tram e altri veicoli mai visti procedono sgommando ai due lati del canale, sopra la mia testa. Pochi metri davanti a me, il canale sbocca nel mare in tempesta, scosso da onde gigantesche.
Da ogni punto visibile all’orizzonte, fabbriche immense ruttano tuoni metallici. Tira un vento che sembra la somma di cento tifoni. Allora capisco.....sono nell’inferno dei rumori. Il casino del mondo produce un’onda d’urto che mi sventola di qua e di là come una bandierina. Non c’è via di scampo, se non svegliarmi, ma di pessimo umore.
Stanotte non avrei fatto questo sogno se gli impegni non mi avessero costretto a dormire in una metropoli dove il mondo è un tale casino da inquinare persino la vita onirica. Ce lo hanno documentato con una lodevole ricerca sull’inquinamento acustico. Nelle città non si può dormire in modo naturale: i decibel di troppo disturbano l’organismo limitando le dinamiche del sonno e dei sogni.
Il mondo dei sogni è un ecosistema spirituale. Le sue rotte e i suoi approdi arricchiscono il viaggio nella vita. Bisogna fare qualcosa. Al di là della legge (che forse va applicata con più rigore), al di là della speranza in innovazioni tecnologiche sensate (auto elettriche, fondi stradali fonoassorbenti, ecc), mi domando se non esista un’alternativa al riempirsi le orecchie di cera, sbarrati dietro alle finestre, per sperare di dormire in santa pace. Non mi diverte granché come soluzione: somiglia troppo all’incubo che mi ha inflitto una notte in città.
Io vivo in campagna, perciò suggerirei una gita, per provare a sdraiarsi in un prato tranquillo (ne è rimasto qualcuno, credo) e addormentarsi. Magari si potrà sognare un braccio di mare attraversato da barcaioli pazienti. Marinai che preferiscono le andature lente, perché vogliono godersi la sensazione del navigare e non sentono l’urgenza dello sbarco in un porto.
Quando fa buio, anche in città si potrebbe rallentare un po’ tutti. Può darsi che si sognerebbe meglio. C’è poi tanta fretta di spostarsi da una parte e dall’altra della città? In sella ai motorini o al volante delle auto, dal cinema alla pizzeria, dall’aperitivo al ristorante, dalla cena da Tizio a casa propria: perché darci dentro sull’acceleratore, dovete seminare qualcuno che vi insegue?