Severi economisti dalla bocca tirata e il viso impenetrabile ci van dicendo che soldi non ce ne sono, che la cultura, massimo bene dell'Italia, non dà pane, che e' necessario ricorrere a mosse pericolose come il federalismo e le centrali nucleari. Ben sistemati nei loro palazzi, inavvicinabili, fanno intendere a noi cittadini comuni che per noi non c'è nè il tempo nè il modo nè le risorse per chiedere quello di cui abbiamo bisogno; che è un tempo di vacche magre dove l'unica mossa che ci resta in sostanza è solo stringere la cinghia, piegare la testa e ammutolire.
Ebbene, questa è una finzione: una strategia precisa, sempre impiegata dal potere per mantenere il suddito in una stato di sottomessa paura, di silenzio. Non è mai il tempo per noi, sembra, di chiedere, di proporre, non c'è mai il luogo, sempre, dove poter parlare, non ci sono mai le risorse, sembra, per fare le cose di cui abbiamo necessità e desiderio.
Bisogna contestare questa favola, ripetuta per tenerci buoni.
Soprattutto non è vero che siamo poveri di risorse: siamo ricchissimi di risorse, solo che vengono amministrate male : si lascia andare in rovina il patrimonio artistico e paesaggistico che porterebbe le ricche entrate dal turismo, e si spende troppo per l'esteriorità, per il mantenimento delle insegne del potere, per le parate militari. In certi alti luoghi amministrativi di cui non dico il nome, a Natale impiegati e dirigenti passano il tempo di lavoro unicamente a stilare le liste di regali da farsi l'uno con gli altri, a comprarli con i soldi dei contribuenti.
Che noi siamo ricchi di risorse ce lo può insegnare per esempio un frutto, un frutto comunissimo, che vediamo ammonticchiato senza rispetto sui banchi dei fruttivendoli e dei supermercati: è l'arancio.
Guardiamolo bene.
Meditiamo sull'arancio. Perchè comune non vuol dire non importante.
Perché il quotidiano è sacro. Non lo straordinario, non la parata.
E' una risorsa quotidiana quell'arancio che si può comprare a chili a piccolo prezzo, di cui viene buttata la pelle nonostante sia ricca più della polpa di elementi preziosi come gli oli essenziali, l'acido citrico , la vitamina P ed E, il beta-carotene, l'acido malico, tartarico, ossalico, linoleico, oleico, palmitico, e i terpeni, anticancerogeni. Ma noi distruggiamo questi ricchissimi beni vegetali, queste risorse della natura, coi pesticidi , i lucidanti e gli inquinanti.
Il proverbio dice che l'arancia è oro al mattino e la medicina nutrizionista oggi lo ripete: il frutto dal colore del sole preso all'inizio della giornata regala zucchero e calcio, cloro e ferro, fosforo e potassio, vitamina A, B e C : una informazione energetica veramente meravigliosa. Nel linguaggio d'amore ottocentesco il fiore dell'arancio era il simbolo della Generosità.
E quale bellezza! La gioia di quelle sfere perfette, di quell'arancione occhieggiante sulle foglie verde chiaro! Quella chioma raccolta, compiuta , nuvola verde sul tronco esilmente proporzionato.
Abbiamo bisogno di vedere bellezza per rallegrare il cuore, dice Dante. E tanta bellezza hanno sempre visto nell'arancio non solo gli artisti, i pittori come Bottucelli, Mantegna, il Beato Angelico, il Ghirlandaio. Veronese,Tiziano e i favolosi miniaturisti degli imperatori Moghul, ma anche un grande architetto Barocco come il Borromini , grande amante della natura, che nei giardini delle sue fabbriche romane, dal palazzo di Propaganda Fide al San Carlino alle Quattro Fontane all'Oratorio dei Filippini, splendidi di invenzione espressiva ed emotiva, piantò sempre alberi di aranci per aggiungere luce e colore alle sue bellissime creazioni.
Come gli imperatori Moghul, anche i Medici di Firenze espressero grande apprezzamento per gli agrumi, al punto non solo di creare nel loro Giardino di Boboli un'ala intera , l'Arancera, per ospitare gli aranci,i bergamotti, i limoni, i cedri e le lumie, luogo dove ancora oggi vengono riparati durante l'inverno i magnifici esemplari della loro collezione, ma anche di ordinare al pittore naturalista di corte, Bartolomeo Bimbi, due interi olii con i ritratti di arance e bergamotti, cedri e limoni , lime e lumie. In tempi in cui il vocabolario dei più sembra ridotto a poco più di 250 vocaboli, è una gioia legere i loro tanti nomi iscritti nei cartigli: cinquanta!
Cinquanta frutti, tondi, a pera, a zucca, bitorzoluti, lisci, doppi, gialli, color sole al tramonto, pallidi, grossi come poponi, piccini come noci, come susine: " Cedro nuovo di S.Remo"."Peretta di Napoli".Cedro di Valenza dolce"."Ponzino mezzano"."Limone lungo"."Limone tondo, tondo". "Lumia di Valenza scorza sottile"."Arancio femmina"."Arancio doppio. "Stella dolce senza seme detta di S.Francesco"."Stella di Gaeta". Cedrangolo Biccio, dolce detto Bizzarria". Limone muschiato". "Peretta dal fior doppio".
"Bergamotta scannellata". Limone senza seme, né sugo". "Arancio colle foglie gialle"." Cedro del fior doppio"."limone scannellato". "LImone da Classe singolarissimo ". "Cedro dell'Agro dolce e perfetto".
"LImone di S.Marta". "Limone di LIsbona, Agro dolce"." Limone detto Zinna di vacca". "Spada fuora di Roma pizzuta". "Limone incomparabile nuovo". "Cedro di scorza rossa". " Lumia grossa di Spagna differente".
"Lumia trasparente, e bella"."Cedro del fior doppio"." Limone senza seme"."Limone piatto ponzinato". "Limone piatto di Lisbona, nuovo".
"Arancio a fette di mellone nuova specie". "Arancio cornuto detto de minimi". " Arancio detto Strafizzeca, nuova specie". "Limone coronato". "Lumia fatta a foggia di Zinna". "Arancio della stella, di Caserta". "Arancio virgolato, bello, e nuovo". "Cedro lungo di San Benedetto"." Arancio detto scannellato della China". "Limone detto bernoccoluto rigato dolce". " Cedrato del fior doppio bizarro singolare". " Cedro fatto a Cucuzza singolare famso". Lumia fatta a foggia di pera Bergamotta singolare". Lima nuova di S.Remo bernoccoluta dimezzo sapore". "Limone del fiore doppio bizzarro e famoso"...
Gli aranci di oggi , quasi tutti uguali, sono figli di genitori ricchissimi. Tutta la vita viene da una immensa ricchezza, da una sovrabbondanza. Ricordiamolo e coltiviamo il nostro giardino dentro e fuori ,- "il faut cultiver son jardin", bisogna coltivare il proprio giardino, diceva Voltaire- guardando non il mondo squallido che vediamo ora, ma le nostre potenzialità positive: il mondo come lo vorremmo e come può essere, se ci ricordiamo quale immensa ricchezza di risorse sta sempre dietro l'apparenza.
E la prossima volta che mangi un arancio, caro lettore, mio adorabile complice, prova a mettere a dormire un seme dentro un piccolo letto di terra. Tieni caldo il vaso, e aspetta. Comunque vada, ti sentirai meglio.
La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro
Luciana Marinangeli e' scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione l'Alberata