Mille anni fa, una dama di corte dell'antico Giappone, Murasaki Shikibu, scriveva il primo romanzo del mondo, la Storia di Gengji, il Principe Splendente, un personaggio cosi chiamato non solo per la straordinaria bellezza - la sua sola vista "aggiungeva anni alla mia vita", sussurravano le dame - ma anche per le sue molte qualità e raffinatezze. Tra queste, c'era una eccezionale sensibilità estetica che appariva in tutto il suo comportamento- compreso quello con le sue innumerevoli conquiste amorose, che aveva l'ottimo gusto di non collezionare semplicemente ma di coltivare e mantenere civilmente nel tempo-. Nella sua vita come uomo di Corte e come individuo, in ogni gesto e parola c'era nel Principe Splendente la ricerca di una equilibrata grazia, di un'armonia che non era solo con gli uomini ma con tutta la natura. E' ciò che i giapponesi chiamano "wa", insieme, complessità interdipendente del tutto, per cui non si può essere
sereni se qualcuno sta male o se manca qualcuno, se un anello anche lontano della grande rete dell'essere è rotto o assente. E così quando faceva una festa, quando costruiva un guardino per le sue dame, ciascuno il suo, Gengji aveva cura che vi fossero anche gli insetti, le api, i grilli, le falene, e nelle squisite conversazioni tra gentiluomini lodava con loro equamente il gentile mormorio delle creature dell'aria tanto quanto il frusciare, il profumo e i colori dei rami di ciliegio e di glicine in fiore.
I suoni della natura sono importanti quanto i suoi colori e le sue forme visibili e tattili; ma non è così per tutti. Gli studiosi della comunicazione neurolinguistica hanno spiegato perchè tante persone sembrano non sentire, e tante persone sembrano non vedere: ci dividiamo , secondo il sistema di comunicazione preferito o più sviluppato, in tipi visivi, auditivi, e sensoriali; la predominanza attuale di visivi fa sì che poco si faccia attenzione al mondo del suono e dei suoni soprattutto naturali, anche perché sommersi dall'atroce clangore di quelli innaturali. Il Principe Gengji doveva essere un auditivo molto forte, oltre che un grande visivo ; oggi soffrirebbe molto non sentendo più il tenero frinire dei grilli nella
notte, importante per lui quanto il suono del "Koto",la cetra giapponese, toccato dalla mano di qualche fragile principessa nascosta. Se è vero che il nome è la cosa, o perlomeno allude alla cosa, ci si può rendere conto di quanto l'immaginario collettivo del nostro mondo moderno oggi si sia dappertutto impoverito, allontanandosi dalla comune base contadina e dalla frequentazione della natura: se un ragazzo umbro di paese nato alla fine dell'800 certamente sapeva non solo i nomi ma il canto specifico di ogni uccello e insetto della sua terra, e lo sapeva riprodurre, oggi i ragazzi della boscosa terra di San Francesco non conoscono i nomi, non solo degli uccelli più comuni che pure popolano le città- per loro al massimo sono tutti "piccioni" e basta- ma spesso neanche si accorgono e nei dintorni ci sono animali o no, se ci sono canti e richiami e ronzii. C'è troppo chiacchericcio umano, troppi rumori degli oggetti meccanici, della musica creata dall'uomo, e Il mondo visivo incombe da cartelloni sempre più grandi, da schermi elettronici sempre più avvinghianti. Nessun pellirossa mette più l'orecchio a terra per ascoltare i suoi suoni.
L'orecchio a terra invece l'ha messo da quasi vent'anni un giovane ecocompositore italiano, David Monacchi, con le sue ricerche sui suoni delle ultime foreste primarie rimaste nel pianeta. Studiando e registrando l'intero comportamento acustico di queste foreste nelle 24 ore in Africa, nella fascia equatoriale, in India, nel Borneo, ma anche nel Nord e Sud America, in Amazzonia, ha scoperto l'esistenza di un intero ecosistema di suoni naturali organizzato, equilibrato, estremamente efficiente e intelligente. In questo paesaggio acustico ogni emissione sonora sia di un uccello che di un altro animale ha un suo posto sia nel tempo sia nell'altezza nel ciclo circadiano: alle 21 circa nelle foreste dense e nelle 9 ore notturne dal crepuscolo all'alba vicino alle paludi ai limiti delle foreste, l'habitat sonoro delle foreste dense all'alba e quello delle paludi sono molto diversi ma sempre retti da un perfetto equilibrio naturale e da una straordinaria bellezza.
A questa bellezza ha fatto eco David Monacchi con la sua musica elettronica e i suoi progetti di sound art ambientale,
ecocomposizioni che andranno ai musei di storia naturale e ai musei figurativi. In un progetto il pubblico è stato messo al centro di un tondo perfetto di 9 metri di raggio, costituito da 8 pini marini secolari intervallati da altri 8 più piccoli e con al centro un altro pino, in mezzo a campi scoscesi, con i loro suoni naturali, e a un circolo di altoparlanti per evocare la sensibilità primaria all'ascolto dell'ambiente.
La ricerca di Monacchi , i suoi ritratti tridimensionali di un mondo primario di immensa ricchezza e complessità, hanno dimostrando anche che stiamo perdendo dei paesaggi sonori mai ascoltati: la fascia equatoriale delle foreste primarie è la più minacciata, si stanno estinguendo decine di migliaia di ecosistemi sonori. Ecco allora che progetti come "Frammenti di estinzione", girato in Africa a 2° sopra l'Equatore, o "Echoes of a Sonic Habitat", eco elettronica alla riserva di Dzango-Sangha nella Repubblica Centrale Africana-ma anche il paesaggio sonoro naturale delle campagne intorno a Montefeltro, in provincia di Urbino, anche con i suoi grilli, cari a Gengji, rielaborato elettronicamente facendolo risuonare nelle enormi cisterne d'acqua delle Grosser Wassersspeicher di Berlino-, stanno incontrando oggi un enorme interesse sia nel mondo accademico che in quello dei musei e pian piano del pubblico, che deve tornare a sentire i suoni
naturali, ad accorgersi di quanta bellezza ancora ci circonda e va protetta.
"Ancora!", ha esclamato una bambina di 2 anni sentendo a RAI3 i suoni straordinari della foresta equatoriale. Accontentiamola.
Proteggiamo gli uccelli, gli insetti, gli animali tutti, le piante, l'acqua, la terra. Combattiamo la follia di legislatori come quelli della nostra Cassazione che nel febbraio scorso hanno condannato a morte tutti gli alberi che si trovano entro 6 metri (SEI METRI) dal ciglio delle strade: per farci passare più veloci i mostri rombanti della Formula Uno, si pensa. Protestiamo forte, fortissimo! E accorriamo al festival di sound art, musica ed ecologia che il bravo Monacchi, questo moderno pellirossa, inaugurerà tra maggio e giugno prossimo a Pesaro.
La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro
Luciana Marinangeli e' scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione l'Alberata