Il Serengeti è probabilmente il parco nazionale d’Africa piu' conosciuto e uno dei piu' preziosi per la vita di molti animali che lo abitano e che sono sempre più rari e minacciati da noi umani. Senza dubbio, è quello che tutti noi ci ricordiamo meglio grazie agli innumerevoli documentari trasmessi in televisione, che descrivono la vita di elefanti, zebre, gnu, leoni, leopardi, ippopotami e altre numerosissime specie.
Si tratta di un ecosistema unico in tutto il pianeta, rimasto ancora miracolosamente intatto; lo crediamo molto distante da noi ma al contrario è strettamente legato alla vita animale presente nel nostro continente.
Moltissime specie di uccelli, come le rondini o le cicogne, migrano da queste zone dell’Africa fino a raggiungere l’Europa, dove si riprodurranno per poi svernare nuovamente al nord e al sud del Sahara: l’esistenza di parchi nazionali nel continente africano è essenziale per la loro sopravvivenza.
Tra tutti, il Serengeti è un luogo così importante che dovrebbe vedere tutti i governi del mondo impegnarsi attivamente per la sua salvaguardia e per quella del patrimonio unico di biodiversità che ancor oggi vi si conserva.
Purtroppo la realtà è ben diversa: le speculazioni e lo sfruttamento dei paesi più poveri del pianeta da parte delle potenze economiche o dei paesi in forte via di sviluppo considera questi luoghi come una ulteriore possibilità di arricchimento. E così la Tanzania sarebbe disponibile ad accettare i 480 milioni di dollari offerti dalla Cina per costruire l’ autostrada che taglierebbe in due il Serengeti, creando un enorme ed insanabile ferita, distruggendo un ecosistema unico e con esso la vita di milioni di animali.
Alla base di questa scelta ci sono gli interessi minerari della Cina, che per sfruttare meglio le risorse presenti nel sottosuolo della Tanzania ha necessità di costruire la strada e le infrastrutture ad essa collegate.
Il mondo scientifico internazionale si è mobilitato e sta tutt’oggi manifestando la più netta contrarietà, ma non sta accadendo la stessa cosa con i governi: forse, non si vogliono compromettere i rapporti d'affari con una crescente potenza economica mondiale come la Cina.
Ma l’Africa, con il Serengeti, il Masai Mara e tutti i parchi nazionali, è un patrimonio mondiale, di proprietà di tutto il genere umano, e non una riserva economica da cui attingere per rendere ancor più ricco chi già lo è.
Chi ha visitato questi posti – e il sottoscritto ha avuto la fortuna di vederli – sa bene che qui non si tratta solo di salvare animali o piante, ma anche la nostra stessa vita, legata indissolubilmente ad essi.
Gli odori, i colori, il vento, la pioggia, il cielo, la luce; nel Serengeti sembra manifestarsi con forza tutto lo splendore di madre natura, che miscela sapientemente episodi così belli come ad esempio la sterminata prateria costellata di fiori, e così drammatici come il leopardo che afferra la gazzella per la gola e la porta sull’albero per mangiarla.
In questi luoghi ci rendiamo conto che gli aggettivi che noi uomini utilizziamo per descrivere tutto questo sono superflui: nessun dramma e nessuna bellezza, perché in natura, le cose, semplicemente accadono in un equilibrio a volte misterioso.
Ma assumiamo anche l’amara consapevolezza di quanto ormai siamo “oltre” la natura stessa, come se ci fossimo evoluti – se così si può dire – senza tenere conto di tutto questo, quasi volendolo cancellare dalle nostre origini per promuovere altri valori e interessi spesso tutt’altro che nobili.
Il Serengeti e altri parchi africani rappresentano quello che noi eravamo, un mondo di cui un tempo eravamo parte e di cui oggi, nel migliore dei casi, non siamo che spettatori, in esilio.
Forse il mal d’Africa – di cui posso confermare l’esistenza – ha le sue origini proprio da questo disagio, ovvero quello di essere stati strappati a questo mondo dove regna madre natura, che non esiste quasi più ma che in fondo ci appartiene. Per questo motivo salvare il Serengeti significa in fondo salvare una parte di noi che potrebbe andare irrimediabilmente perduta, assieme alla vita delle numerose specie animali che hanno continuato per milioni di anni a vivere in armonia nel parco, dando vita a fenomeni naturali straordinari come ad esempio le migrazioni annuali degli gnu.
Proteggerlo è quindi un preciso dovere di cui ognuno di noi deve farsi carico, con azioni e lettere di protesta.
In questo numero della rubrica ho pensato di allegare molte fotografie del Serengeti, luogo in cui ho “catturato” momenti di vita animale e sterminati panorami di straordinaria bellezza, nel tentativo di rendervi partecipi omaggiando questo luogo splendido.
La rubrica di Andrea Brutti per Il Respiro
Andrea Brutti e' esperto di tutela degli animali selvatici ed e' consulente di diverse associazioni animaliste nazionali; ha contribuito alla creazione del Centro Recupero Fauna Selvatica LIPU di Roma che ha gestito per 10 anni