Tutti i nostri sguardi sono rivolti al Giappone, dai cinquanta uomini che in queste ore cercano di tenere a bada la centrale di Fukushima in ebollizione fino ai milioni di persone colpite dalla catastrofe. I nostri pensieri, forse, vanno un po' più in là, e incominciano a seguire la nube radioattiva che potrebbe spostarsi con i venti. Verso gli Stati Uniti si dice, da quella parte dell'oceano. Ma poi, chissà. E il fatto che non venga nella nostra direzione, che non ci riguardi direttamente, non è per forza motivo di buon umore. Né di rassicurazione, se non immediata. Quali certezze abbiamo, infatti? Incominciamo a domandarci con quanta precisione ci giungano le informazioni, in un momento tanto drammatico e complesso. Cosa ci viene detto, qual è la reale situazione delle altre centrali in Giappone?
Fatto sta che i nostri media in questi giorni trattano ampiamente l'argomento nucleare, com'è ovvio, ma c'è un sorprendente silenzio sul dibattito interno.
Praticamente nulli spazio e rilievo dedicati alle ripetute dichiarazioni del nostro Governo, intenzionato a procedere sulla via del progetto nucleare quando anche l'Europa più motivata mostra dubbi e cautela.
Le prime pagine delle nostre testate rimangono affacciate solo sul Giappone o sulla nostra politica interna scandalistica: sorprendentemente omettono di sottolineare un atteggiamento impositivo riguardo al nucleare che oggi a maggior ragione suscita critica, lacerazione, forte dibattito.
Siamo tutti convinti dell'importanza fondamentale della libertà di stampa, ma occorre anche una stampa libera e capace di spiegare e informare riguardo i temi sociali e civili, non solo quando essi sono strumentali al clamore dello scontro fra fazioni o al dramma di cronaca.