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IL PAESAGGIO E' UNO STATO D'ANIMO - Con le piante usare il galateo
Giardiniere - Pierre Auguste Renoir 1841-1919

 Dunque è primavera e dovrebbero essere tornate le rondini, apice dell'espressione della di gioia di Madre Natura coi loro  voli e i loro gridi. Un tempo erano fittissimi  i loro vortici neri e velocissimi che scendevano  e salivano turbinando  come carrucole d'argento e di luce nei  pozzi dei cortili delle case e  sotto  le grondaie  ma già sono sempre più poche,  sfrattate dai vecchi tetti e ripari distrutti senza un pensiero da mani ignare . Hanno iniziato a diradarsi già nei primi anni '80, perfino in luoghi di collina e montagna dove ci sono  vecchie abitazioni in legno  con  ampie tettoie  ben conservate. Nella conca verdeggiante di Cortina d'Ampezzo, dove tutto  è  armonia tra opera dell'uomo e presenza della natura, un pittore del luogo, Graziano Dadié ha dipinto sotto un poggiolo, sul caseggiato n.12 di Melères,  una deliziosa scena naturale : una rondine che punta in volo verso un nido sottotetto dove la aspettano i piccoli da sfamare con i loro becchi spalancati. Ha dipinto la rondine perché  circa 25 anni fa non l'ha più sentita e vista nel punto dove tornava da sempre. Ha dipinto la rondine in colore azzurro, azzurro come la Terra vista dallo spazio, l'azzurro rarissimo in natura e che rende così prezioso e unico nell'universo il nostro pianeta.
  Nidi significa alberi, e a primavera di sicuro ritorna virulenta la mania cementizia degli italiani. Si costruisce dappertutto, in continuazione, si tirano su in fretta muri, muretti e piste e piazzole perché è il modo più spiccio per ricevere contributi , si fanno case senza strade, nel deserto, mentre centinaia di migliaia di bellissime vecchie case  di città e di campagna , centinaia di migliaia di appartamenti ben fatti , con un'idea civile della vita, comodi e che hanno ben superato la prova del tempo vengono lasciati vuoti , a cadere. E via prati, campi, pezzi di riserve naturali, di giardini privati e pubblici. Al posto degli agrumi fioriti così cari a Goethe, al posto dei pini meravigliosi che gridano gioia allargando il loro ombrello materno verso il cielo azzurro , immagine che da secoli gli stranieri ancora scendono a cercare  nel nostro paese, spuntano i brutti musi da mostro meccanico delle betoniere, sibilano sinistramente le motoseghe, e dovunque , nei campi, nelle alberate sul suolo pubblico e nei giardini privati, perfino nei santuari dei chiostri delle chiese antiche, luogo dove la natura è più benedetta e grata, è tutto uno scavare, un trasportare e spalmare cemento e asfalto dell'Inferno, tutta una cieca corsa alla desertificazione:

     
Oh, se solo sapessimo quello che facciamo
      Quando vanghiamo e spacchiamo
      Mutiliamo o torturiamo il verde in rigoglio!
      I posteri non sapranno indovinare la bellezza passata...
      Dieci o dodici, solo dieci o dodici
      Colpi di strage disfano
      La dolce scena speciale,
      Scena rurale, una scena rurale,
      Speciale, dolce scena rurale...
      Ah, l'erede
      Al suo sé teso così preso, così stretto al suo turno,
      Prodigo a spogliare il nostro ricco tondo mondo
      E niente cura del mondo a venire, questo segna
      La fronte della Terra di tanta pena, pena e amorosa cura... 

      dice Gerald Manley Hopkins.

  Sì, ed ecco gli operai- magari senza casco, magari lasciati soli a sbrigarsela come possono- che, maltrattati, maltrattano quello che si trovano intorno. Troppo spesso l'impresa, il direttore di cantiere, il capo cantiere non hanno detto loro nulla su come comportarsi con gli alberi che si incontreranno lavorando: nulla, come se le piante, e  i nidi se ci sono,  non esistessero, non contassero, fossero invisibili; e allora ecco l'operaio che di fronte a un albero del suo cantiere usa subito il tronco come appendiabiti, con grossi chiodi che dimenticherà nella corteccia che è la pelle della pianta, subito deposita intorno ferri e lastre di materiali pesanti e veicoli e betoniere,  e spinge senza un pensiero il bitume bollente, il cemento mortale su quel poco di terra ancora libero, spesso fino alla corteccia. E l'albero, magari quel faggio magnifico che in un giorno d'estate da solo rinfresca l'aria immettendovi  400 litri d'acqua , l'albero non beve più, non respira più: cade. Cade anche per le potature malfatte e inutili, che annientano la forma naturale - la mania castrante, solo italiana perché non si fa in nessun altro paese, di rendere filiformi, anorettiche,  delle armoniose chiome rotonde, di allontanare la carezza , la presenza rassicurante vicino a noi dei  rami e delle foglie diradando il tronco madre  fino a lasciare solo un innaturale sparuto pennacchio lontano. La mania di riempire tutti gli spazi liberi e adesso tutti i giardini con lunghe file carcerarie di lugubri staccionate di ferro, il ferro metallo di Marte, che altera il campo magnetico, che innervosisce.  Cade l'albero cui vengono tolti i rami laterali; sono questi le braccia allargate su cui la pianta, equilibrista naturale, si mantiene diritta; prova a camminare senza braccia: quando le braccia sono recise le radici corrispondenti muoiono, e la creatura vegetale viene giù.E si taglia l'albero: non chi l'ha fatto cadere. E si tagliano le radici con le scavatrici, così, senza pensare a passare sotto, più in profondità; o a deviare nettamente lo scavo, come avrebbe dovuto fare l'Acea a Villa Borghese a Roma con i magnifici platani di quattrocento anni.
  Ricordiamo allora di usare il galateo con le piante, le buone belle maniere da ricordare sempre, che il Respiro ha offerto già la primavera scorsa - le cose ripetute giovano - e che  il gentile lettore troverà sotto la voce: "Cosa fare quando" . Sono norme del migliore buon senso, questa merce così rara e così necessaria. Sono norme di attenzione vera, di amore per il quotidiano, di valorizzazione di ciò che c'è : l'atto più terapeutico per il nostro mondo malato di svalutazione e tentazione di distruzione.



La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro

 Luciana Marinangeli e' scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione l'Alberata


Data: 04/04/2011
Autore: LUCIANA MARINANGELI
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