Era il 1945 nella Roma che tentava di rialzare la testa dalla guerra, dall'occupazione nazista, dai rastrellamenti, dalla fame e dallo scompiglio sociale, col suo strascico di odi, di vendette, di rabbia e di avidità di rivincita.
Mia madre, la Maestra Miranda Magagnini, per tutto il ventennio era apparsa blandamente obbediente alle direttive del Ministero dell'Istruzione fascista; in realtà non solo aveva costantemente odiato la divisa bianca e nera che era costrettta a portare, ma soprattutto aveva insegnato un pensiero disobbediente: aveva raccontato ai suoi allievi delle scuole elementari pubbliche, i bambini poveri dei paesi del Lazio e delle borgate di Roma, non le storie dei grandi generali, dei grandi condottieri, delle loro vittorie sanguinarie, il cui vero nome è sempre strage e dolore, ma le storia di vita piene di luce e di riscatto degli uomini illustri, dei pittori, dei musicisti, degli scrittori che , nati come quei suoi piccoli allievi nella povertà e nell'abbandono erano riusciti, seguendo la loro voce interna , a uscire dalla loro condizione sociale di perdenti e a realizzare il mondo meraviglioso che celavano in petto sotto i loro stracci.
Mentre l'Italia andava a fare la guerra d'Africa la maestra Magagnini non raccontava le battaglie dell'Impero con il loro strascico di morti e di ritorsione; raccontava invece di come un povero orfanello era diventato il grande Pergolesi; di come il figlio di un carrettiere era divenuto il grande Haydn; di come un monellaccio fiorentino attaccabrighe era divenuto Monsieur Lully, musicista alla corte del Re Sole; raccontava ai bambini poverissimi della borgata romana di Primavalle la storia di un piccolo stracciarolo venuto dalla campagna che diverrà PIerluigi da Palestrina, il principe della musica polifonica; raccontava del figlio d'emigrante partito per l'America, un ragazzo mendico e selvatico che assaggia pure il riformatorio ma che diverrà Giovanni Segantini, lo straordinario pittore della montagna.
Questa era stata la battaglia segreta della Maestra Magagnini contro i modelli competitivi che i tempi avevano proposto , in favore del rispetto della diversità e delle possibilità di sviluppo personale così necessari nella scuola coi suoi troppi "Tu devi" e poco aperta ai "Tu puoi". Era il 1945 e anche se il nuovo Ministro dell'Educazione era il liberale Vincenzo Arangio Ruiz, la scuola italiana conservava molto della sua struttura para militare - divise, prove, concorsi, interrogazioni, banchi e insegnamento uguale per tutti.
Prima c'era stato la riforma di Giovanni Gentile e ora il riordino della nostra istruzione pubblica era stato affidato non a un pedagogo ma a un colonnello degli Alleati con la sua mentalità di soldato. Ma anche allora la maestra Magagnini non demorde: il programma prescrive di parlare ai bambini di Garibaldi, e lei allora, grande narratrice, dell'Eroe dei Due Mondi, dell'impetuoso combattente, racconta una storia diversa, una storia vera che i libri scolastici dimenticano. Ecco le sue parole:
"Garibaldi e l'agnellino.
Mugghiava il mare spaventosamente.
Era una notte nera.
Garibaldi da poco era tornato nella sua diletta Caprera. Stanco del lavoro del suo campicello, dopo una frugalissima cena, rivolto un pensiero affettuoso a tutti i suoi cari, si era coricato.
Ma che cosa è ad un tratto quel grido di dolore che il vento riporta ogni tanto più chiaro al suo orecchio?
Un fanciullo abbandonato... un animale che non ritrova la sua capanna?
Garibaldi non ha finito di individuare quel grido che d'un balzo è già fuori del letto e ricoperto del suo ampio mantello. Apre la porta della sua umile dimora. Il vento gliela sbatte rumorosamente. Egli non indietreggia.
Deve ancora una volta soccorrere chi soffre.
E va, come portato dal vento, verso quel grido che ora si fa più distinto.
Che cosa è quella macchia bianca in riva al mare?
Affretta il passo.
Oh, un agnellino bianco e piccino (è lui!) lo chiama ancora disperatamente.
Garibaldi, con pochissimi passi è su di lui e se lo stringe affettuosamente.
Lo accarezza, lo solleva al petto, quindi lo ricopre col suo mantello perché si riscaldi.
Paternamente. Come quando, durante le sue fughe o al passaggio di torrenti teneva il suo piccolo Menotti dentro a un fazzoletto attaccato al collo e lo riscaldava col suo fiato.
Così, con l'agnellino sempre stretto al suo cuore, il grande uomo, volti i sui passi indietro, ritorna verso la sua casa. Il mare ha cessato il suo muggito e un raggio di luna sbucato dalle nuvole folte illumina, benedicendo, quelle due creature di Dio.
Imparate, bambini, dai grandi uomini l'amore grande che a tutti si deve portare compresi gli animali".
Che siano lodati gli insegnanti di scuola pubblica, ultimi eroi dei nostri tempi.
La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro
Luciana Marinangeli e' scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione l'Alberata