" ...Le rondini, che vediamo al ritorno della primavera frugare tutti gli angoli delle nostre case, cercano forse senza giudizio o scelgono senza discernimento, fra mille posti, quello che è loro più comodo per alloggiarvi? E, in questa e bella e ammirevole tessitura della loro costruzione, gli uccelli potrebbero servirsi piuttosto di una forma quadrata che di un angolo dritto, senza conoscerne le proprietà e gli effetti? Prenderebbero essi ora acqua, ora argilla, se non credessero che la durezza si fa molle inumidendola? Rivestirebbero di muschio o di piume il loro palazzo,se non prevedessero che le membra tenere dei loro piccoli vi staranno più mollemente e con maggiore comodità? Si riposerebbero esse dal vento piovoso, e farebbero il loro nido a oriente,se non conoscessero le proprietà differenti di questi venti e non considerassero che l'uno è per loro più salutare che l'altro?..."
A parlare così nei suoi "Saggi", i famosi Essais, è Monsieur de Montaigne, vissuto tra il 1533 e il 1592 nella Francia sud occidentale, nella grassa e pacifica terra del Périgord. Magistrato, sindaco di Bordeaux all'epoca delle tremende guerre di religione, ne uscì indenne e più saggio, miracoloso esempio di tolleranza vissuta nelle peggiori condizioni, e di sana condotta di vita. In quei tempi in cui la forma abituale di interrogatorio nei processi era la tortura, egli evitò di usarla e invece andava a vedere negli orfanatrofi in che condizioni erano tenuti i bambini. Spirito rivoluzionario e critico, esaminava il mondo osservandolo, ossia vedendolo senza pregiudizi: In tempi di tronfio antropocentrismo ed assoluto eurocentrismo, lodava i popoli primitivi appena scoperti e ragionava non solo sull'intelligenza degli animali, ma proprio sulla loro superiorità rispetto alll'uomo.
La storia che segue avrebbe aumentato la sua ammirazione per loro. La racconta molto bene Sara Zanghì, una scrittrice di oggi che sarebbe piaciuta a Montaigne per la sua visione del mondo autonoma e per l'amore della giustizia e della solidarietà senza pregiudizi . Ecco dunque una delle sue otto storie di donne: un racconto gentile, come il sorriso di maggio che sempre un po' ci rincuora.
Lina e Idolina erano due ragazzine che passavano il tempo assieme in quello che era una volta l'Agro romano,oggi quasi interamente distrutto dalla cementificazione. " Nelle ore del primo pomeriggio, portavano a pascolare la capra nel boschetto dietro il palazzo, sorvolato dalle gazze di mare e dominato da un pino secolare che divenne teatro del loro divertimento. Seguivano l'andirivieni di una coppia che portava nel becco legnetti e pezzi di fango, deponendoli in un incavo tra tre rami della chioma, e quando la costruzione del nido, simile a un fondo e largo cesto, fu terminata, cominciò la festa dell'ornamento. Che recarono i due volatili nella loro dimora! Penne di gallo dai colori splendenti, pezzettini di vetro di varie tinte, pietruzze d'ogni capricciosa forma,rametti di fiorellini del cisto nano diffuso nel bosco.
Nei giorni successivi una delle due gazze faceva strani movimenti nel nido, levandosi e riabbassandosi, e le ragazzine pensarono che fosse la femmina e stesse deponendo le uova. Poi, per un tempo che Lina non ricorda, vi sostò accovacciata imbeccando il cibo che le portava il compagno. Le ragazzine spiavano nel nido con un cannocchiale portato da Idolina, e finalmente un pomeriggio scorsero cinque minuscole creature implumi.
Ripresi i voli, la gazza madre, oltre al cibo, non smetteva di trasportare oggetti colorati, finché un giorno accadde un evento bellissimo. Passando da un campo di foraggio, Idolina aveva visto un fiore azzurro di lupinella selvatica, a forma di spiga. L'aveva colto e messo tra i capelli. Poi, mentre tutte e due stavano in piedi sulla radura a scrutare quello che accadeva nel nido, ebbero l'impressione che la gazza, vedendole, stesse a osservarle e improvvisamente si levò in volo, fece un giro su di loro, quindi planò fino a sfiorare la testa di Idolina e con una beccata le sfiorò il fiore dai capelli.
Andò a posarlo sul bordo del nido e rimase a guardarlo appollaiata sul ramo accanto, in un atteggiamento che le ragazzine amarono pensare fosse di soddisfazione. Da quel giorno si diedero a cercare per i campi i rari fiori azzurri di lupinella, li ponevano tra i capelli e immobili sulla radura aspettavano che la gazza scendesse. Non sempre quella andava a prenderlo, forse non se ne accorgeva o non gradiva il dono, ma a volte planò a sfilare il fiore dai capelli dell'una o dell'altra.
A fine estate le ragazzine raccolsero i semi dai baccelli secchi di lupinella, dissodarono un pezzetto di terra attorno al tronco del pino e li sparsero, ricoprendoli con cura. Tante piantine nacquero nella primavera successiva e d'estate fiorirono.
Che gioia è stata - esclama Lina - vedere allignare un piccolo giardino sotto la casa delle gazze! Nel tempo, si è diffuso intono ed esiste ancora, dopo più di mezzo secolo. Tutte le primavere, gazze delle nuove generazioni tornano a costruire il nido sul pino secolare e lo adornano anche dei fiori di lupinella..."(Sara Zanghì, "Non tutto è perduto. Otto storie di donne", Empiria, Roma 2011).
Che dolcezza, che meraviglia un nido!
La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro
Luciana Marinangeli e' scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione l'Alberata