Se da un lato non vorremmo pensare che l'estensione a 90 anni del "diritto di superficie" per coste e litorali introdotta l'altroieri con il decreto per lo sviluppo varato dal Governo sia un provvedimento definitivo, vista anche la reazione di forte sorpresa della Commissione Europea che vi vede violate le regole comunitarie, corre l'obbligo di riflettere sul sistema che permette ai nostri amministratori di prendere iniziative tanto incredibili contando di non pagarne lo scotto.
Molto si basa su un meccanismo simile, alla lontana, a quello delle bandiere di comodo utilizzate per iscrivere le navi ai registri di alcuni paesi differenti da quello dell'armatore o del proprietario previo il solo pagamento di una tassa, favorendo un sistema di scatole cinesi che rende nella sostanza impossibile, in caso di guai o disastri, risalire a un responsabile.
Così da noi riguardo numerosi e importantissimi comparti di pubblico interesse vige un'organizzazione interamente tesa a evitare la diretta attribuzione di responsabilità.
Quest'ultimo provvedimento governativo lascerebbe ai cittadini solo la consolazione di diritto di passo sulle spiagge su cui sorgono chioschi, stabilimenti e varie strutture turistiche - quasi tutte ormai - poiché per un secolo chi è già titolare continuerà a disporre della concessione, ristrutturando e ampliando. Ovvero cementificando e distruggendo. In barba alla legge Galasso e alla normativa europea che tutela la garanzia di concorrenza negli spazi limitati: l'Italia ha già ricevuto dalla Commissione Europea due lettere formali proprio nel corso di una procedura su spiagge e concessioni, riguardo rinnovi in automatico della durata di sei anni.
A impugnare il timone della manovra in ogni dettaglio è il ministro dell'Economia Tremonti. In merito a questa scandalosa decisione di lui solo, oggi, si sono occupati i media.
Ma dato che noi ci interessiamo di ambiente, è ovvio che consideriamo Stefania Prestigiacomo il ministro di riferimento. Sarebbe tra l'altro bello, anziché rivolgere critiche, poter riferire ogni tanto interventi valorosi: purtroppo, finora, non se n'è mostrata l'occasione.
Quel che colpisce, nel sistema delle bandiere di comodo, è il ruolo poco lusinghiero che questo ministro, forse più di altri, appare disposto a occupare.
Del tutto ininfluente nelle decisioni importanti - nucleare, spiagge, tagli ai parchi, mai schierata in difesa del patrimonio naturalistico ma sempre degli interessi industriali, sembra le sia concessa facoltà di esprimersi (eccezion fatta per qualche lacrima fuori programma) solo per dire sciocchezze in supporto dell'azione governativa e generalmente in totale contrasto con la tutela dell'ambiente e dei cittadini. Vedi le asserzioni nucleariste nei giorni dello tsunami giapponese, salvo poi tacere, e oggi un appoggio a Tremonti affermando che la privatizzazione dei nostri lidi è un malinteso e si tratta solo di una manovra per difenderci dagli investitori stranieri.
Ora, senza malevolenza verso questa graziosa ragazza che avrebbe ogni possibilità di condurre una vita più dimensionata alle proprie attitudini con minor nocumento per la comunità, sarebbe prezioso che in questo Paese, almeno sulle questioni concrete e molto evidenti, avesse inizio un'attribuzione delle responsabilità dirette e ne conseguissero valutazioni precise.
Anche e soprattutto da parte nostra e nell'orientamento delle nostre rimostranze.
In qualsiasi altra nazione evoluta, un ministro per l'Ambiente tutela l'ambiente: se non lo fa, non assolve al suo compito. Perlomeno, nella confusione generale, un principio di realtà che anche i media dovrebbero seguire.
Guardando oltre, a ogni livello amministrativo, su ogni fronte e sponda, un simile atteggiamento consentirebbe di incominciare a fare chiarezza e pulizia.