Molti potranno pensare che parlare di caccia quando si è ancora lontani dall’inizio della stagione venatoria sia prematuro; invece è proprio in questo periodo che le regioni stanno impegnando le loro energie per l’emanazione dei calendari venatori, atti che secondo la legge nazionale devono essere pubblicati entro il 15 giugno di ogni anno.
E’ assai triste constatare che proprio in primavera, una delle stagioni più belle per noi e più importanti per gli animali selvatici impegnati nella fase di riproduzione, c’è chi sta lavorando per programmare l’ uccisione di milioni di esemplari di fauna. E’ poi ancora più inaccettabile pensare che tutto questo sia tuttora possibile solo per consentire ad un gruppo di signori, la cui età media è oltre i settanta anni, di divertirsi impugnando il fucile e sparando agli animali selvatici causando inoltre la morte e il ferimento di molte persone che vengono inconsapevolmente a trovarsi sul loro cammino.
Della caccia la maggioranza degli italiani può e vuole farne a meno: in fondo si tratta di una concessione – e non di un diritto – su cui i cittadini si sono espressi numerose volte, bocciandola senza esitazioni.
Ma la lobby venatoria estremista non vuole cedere, e le regioni hanno sempre lavorato per cercare di accontentarla pur di non perderne i consensi.
Quest’anno però dirigenti, funzionari e amministratori locali incontreranno molti problemi ad assecondare le richieste dei cacciatori: non potranno infatti ignorare la recente modifica della legge nazionale 157/92 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) modificata dalla legge Comunitaria 2009, che tra le altre importanti novità ha introdotto l’esplicito divieto di caccia nella fase di riproduzione e di migrazione pre nuziale degli uccelli.
L’anno scorso l’ISPRA, l’istituto italiano scientifico di riferimento per l’ambiente e la fauna selvatica, ha inviato a tutte le regioni un documento esplicativo, in cui veniva riportato specie per specie il periodo in cui era possibile autorizzare la caccia tenendo conto delle fasi di riproduzione e migrazione pre nuziale.
Un testo, quello dell’ISPRA, che contiene molte restrizioni all’attività venatoria a causa del precario stato di conservazione di numerose specie – alcune minacciate a livello europeo - ma che al contempo evidenzia la cronica carenza di dati relativi alla consistenza di molte popolazioni di avifauna: una situazione preoccupante, che dovrebbe essere sufficiente a ridurre drasticamente i carnieri, adottando un principio di precauzione giustificato dalla stessa norma nazionale che antepone la tutela degli animali selvatici a qualsiasi altra attività.
L’anno scorso alcune regioni hanno ignorato sia il documento dell’Ispra, sia la modifica alla 157/92, adducendo il pretesto che i calendari venatori erano stati emanati prima delle suddette novità.
Quest’anno non è più sostenibile una scusa del genere, ma come purtroppo è accaduto in passato le regioni escogiteranno sicuramente qualcosa per aggirare queste limitazioni, non volendo in alcun modo ledere gli interessi della lobby venatoria estremista.
Così, verranno escogitati modi per andare contro le sentenze della Corte di Giustizia europea, contro le decisioni dei TAR (che hanno dato ragione alle associazioni animaliste ed ambientaliste), contro l’autorità scientifica dell’ISPRA, contro la normativa nazionale e contro la Costituzione.
Tutto questo non avviene certo per ignoranza: non si tratta di sbagli occasionali ma di tentativi consapevoli e responsabili di aggirare le norme per non scontentare i cacciatori.
Comportandosi in questo modo gli amministratori, i funzionari e i dirigenti continuano a violare le normative perché, nella peggiore delle ipotesi, le associazioni vinceranno i ricorsi al TAR, le regioni pagheranno le spese per una cifra risibile e, pronto già nel cassetto, avranno un calendario venatorio di riserva, che nella maggior parte dei casi si tratta di una delibera-fotocopia del precedente.
Oppure, per evitare i ricorsi delle associazioni, le regioni ricorreranno all’emanazione di una legge regionale sui calendari venatori, l’ennesimo atto palesemente incostituzionale che può essere impugnato solo dal Governo.
Questo è quanto ha fatto recentemente la Regione Liguria, cui le associazioni hanno risposto con un altro elemento importante su cui riflettere: la possibilità di denunciare direttamente tutti coloro che hanno votato favorevolmente a questa legge di cui, lo ripeto, nessuno poteva ignorarne l’incostituzionalità.
Facendo in questo modo ci si auspica che saranno finalmente accertate le responsabilità civili e penali degli amministratori che continuano a violare le leggi consapevolmente per favorire una piccola ma agguerrita lobby di anziani col fucile in mano.
In un Paese dove il diritto è continuamente violato, dove si cede facilmente agli interessi di parte e dove l’interesse pubblico non viene considerato, un cambiamento è veramente necessario: gli amministratori devono pagare di tasca propria, gli abusi che commettono, perché è profondamente ingiusto che continuino ad essere i cittadini italiani a pagare, sotto forma di tasse, i costi economici degli abusi da loro commessi. Indovinate infatti chi paga le sanzioni dell’Unione Europea o i ricorsi che le regioni e le province perdono puntualmente al TAR?
E’ giunto il momento che questi “signori” non solo paghino, ma siano finalmente estromessi da ogni forma di attività politica: l’Italia ha bisogno di persone pulite e rispettose del diritto.
La rubrica di Andrea Brutti per Il Respiro
Andrea Brutti e' esperto di tutela degli animali selvatici ed e' consulente di diverse associazioni animaliste nazionali; ha contribuito alla creazione del Centro Recupero Fauna Selvatica LIPU di Roma che ha gestito per 10 anni