Nei giorni scorsi, in Inghilterra, un venditore è stato multato con mille sterline per aver messo all'asta 54 uova di uccelli selvatici protetti. Giudicata irrilevante la scusa che le uova avessero cento anni.
http://www.metro.co.uk/news/820048-auctioneer-fined-1000-for-selling-a-chest-of-drawers-containing-eggs
E analoga sanzione, oltre a un coprifuoco, era stata di recente inflitta a una donna sorpresa nel tentativo di vendere un pesce rosso a un quattordicenne, poiché nel Regno Unito non si possono vendere animali a chi non abbia compiuto 16 anni.
Tali episodi possono forse suonare eccessivi o pittoreschi; in realtà - oltre alla capacità di applicare le norme - riflettono l'evoluzione di una consapevolezza e di una coscienza riguardo il rapporto con la natura e la diversità delle specie, e l'esigenza di guardare in modo nuovo e urgente alla loro sopravvivenza.
In tal senso, noi ci troviamo in grave e pericolosa arretratezza. Se pensiamo che proprio in questi giorni si rischia, per l'ennesima volta da un anno a questa parte, un provvedimento legislativo che prevede l'abbattimento dei limiti del calendario della stagione di caccia. Quando forse non tutti sanno che l'Italia è sotto accusa da parte dell'Unione Europea per lo sterminio di milioni di uccelli protetti, a causa delle deroghe venatorie concesse da 13 delle nostre regioni al loro solido elettorato locale (minoritario - 700mila individui - e bilaterale) e noi contribuenti dovremo pagare per loro enormi multe: è improbabile che ce ne venga comunicato l'ammontare.
Non è necessario prendere sempre a modello gli altri. Nei meriti e nei demeriti tutti ci alterniamo.
Ma fra la sanzione inglese per la vendita delle uova centenarie e il nostro proposito di coprire di piombo e sangue per dodici mesi l'anno ogni campagna e bosco d'Italia corre un fosso molto vasto.
E quel fosso noi dobbiamo colmarlo.