Tardo pomeriggio l’aereo lascia la pista di Fiumicino diretto all’aeroporto di Alghero. Vacanzieri, pendolari, stranieri. Aerei e navi che nei mesi estivi riversano nell’isola una moltitudine di persone aumentandone a dismisura la popolazione. Cinquanta minuti di volo e atterraggio morbido. Tutti in piedi, cellulari, bagagli a mano, giornali. Pronti via si aprono i portelli e come per incanto entrano nella carlinga dell’aereo i profumi e i colori della Sardegna, tesoro unico e inestimabile dell’isola. Penso all’impatto sul territorio del surplus di popolazione. Chi protegge il nostro tesoro?
"Una volta," direbbero gli anziani "tanto tempo fa, quando la Sardegna era un continente, il popolo delle janas, proveniente da paesi misteriosi, viveva dentro case scavate nella roccia, le domus de janas, custodendo immensi tesori. Le janas erano un po’ fate un po’ streghe, piccolissime, bellissime donne della grandezza degli uccellini di campo. La loro pelle così delicata le costringeva a uscire solo di notte. Qualche volta volavano nelle case degli umani e li chiamavano invitandoli a seguirle per mostrare i tesori gelosamente custoditi, illuminando la strada con i loro corpicini luminosi. Oro, gioielli brillavano la notte nelle piccole case, ma non potevano essere toccati dagli uomini: i beni preziosi si sarebbero immediatamente tramutati in cenere. Mai tentare di derubare le janas, la vendetta sarebbe stata terribile".
Quella delle janas è una leggenda sarda che, come tutte le leggende, si rivolge alla collettività e, spiegando l’origine di fenomeni naturalistici, delinea regole e modelli da seguire. In tempi come i nostri dove il rispetto dell’ambiente è lasciato molto alla coscienza e al senso civico di ciascuno mi piace pensare che turisti, viaggiatori, italiani e stranieri dovunque nel pianeta si trovino, rispettino usi e costumi ma anche l’habitat in cui trascorrono le vacanze.
Un vademecum di buona volontà, dunque, che copra mare, montagna, laghi e città, affinchè i nostri tesori resistano al flusso dei vacanzieri. Nel rispetto di ciò che non è nostro, di cui fruiamo e che dovremo tramandare a figli e nipoti.
Mi piace pensare che le janas scendano ancora dalle loro domus per danzare con gli uomini al suono delle launeddas, piccole lucciole soldato in mondo che non ha più bisogno di moniti.