Le borse ci tengono sulla corda, l'intero mondo occidentale ci dice che il momento peggiore non è questo, ma deve ancora arrivare: incertezze, sacrifici e gravi preoccupazioni. Eppure, pur ventilandosi ulteriori tagli, rinunce per le famiglie, riduzioni dei consumi, nessuno sembra ancora prendere minimamente in considerazione l'ipotesi di mettere in discussione la stessa natura di questi ultimi. Non si ragiona ancora sul passo indietro che coscienza e intelligenza ormai ci suggeriscono a gran voce rispetto alle nostre più consolidate abitudini. Forse infatti, se ci ritroviamo così, qualcosa non ha funzionato non solo nelle proporzioni, ma anche nelle scelte di fondo, nell'indirizzo, nelle nostre ambizioni e nel gusto che seguitiamo a coltivare e incoraggiare.
Quanta parte dell'economia mondiale infatti si basa sullo sfruttamento a oltranza degli animali e degli alberi e delle risorse naturali, senza conferire agli esseri viventi diversi da noi alcun diritto?
Una simile strada non ha portato in realtà al progresso economico equo e duraturo, né a una debita crescita etica e sociale, né all'incremento dei posti di lavoro poiché in tanti settori gli uomini sono stati sostituiti dalle macchine e nell'ormai imperante criterio intensivo non v'è più alcuno spazio per la varietà, né per l'ingegno individuale.
Le scelte moralmente sostenibili non sono affatto le più deboli dal punto di vista di profitto e benessere. Propongono forse percorsi più lenti, moderati, ma anche obiettivi in grado di porci di fronte a una ragionevolezza che sembra smarrita da lungo tempo, o piuttosto mai acquisita, a suon di abusi e indifferenza.