Essere un buon dottore e insieme dimostrare doti di comprensione e gentilezza verso i pazienti non è scontato, presuppone che diverse qualità siano racchiuse nella stessa persona, eppure allo stesso tempo si tratterebbe di un dovere. Lo stesso vale per il veterinario, che spesso si trova di fronte un doppio interlocutore: l'animale e il proprietario; il primo privo della parola, il secondo talvolta troppo fornito della medesima. Tuttavia, come ogni medico di valore sa, difficilmente l'uno prescinde dall'altro, e avere cura di entrambi va a vantaggio del risultato.
Chiunque frequenti con assiduità gli animali avrà incontrato veterinari straordinari per capacità e generosità: ce ne sono moltissimi per fortuna. Ma anche, di contro, sarà incappato in quelle situazioni in cui, vestito del proprio ruolo, il medico si prende libertà ingiustificabili.
Quante costose cliniche veterinarie, ad esempio, forti del fatto di non avere concorrenza fuori orario o nei giorni festivi, sottopongono le persone che sopraggiungono per un'emergenza - laddove questa non sia devastante - a attese poco cordiali, lungaggini inutili che sembrano quasi piccole torture consapevoli? Esistono strutture che, pur riscuotendo parcelle di migliaia di euro, riconsegnano gli animali senza aver avuto l'accortezza di pulirne il pelo da eventuali residui di escrementi, sporchi dal momento del ricovero o durante le degenze in gabbia.
Quanti ambulatori diagnostici e quanti professionisti consentono viavai di gente durante radiografie, accertamenti, visite, incuranti dell'ovvio disagio indotto ai clienti? In un luogo estraneo dove in genere ci si reca per un problema, manipolato, tosato, difficilmente un animale è a proprio agio e arrecargli stress superflui costituisce una mancanza di rispetto ancorché di competenza abbastanza frequente.
Cosa poi accada negli ambulatori delle Asl agli animali di nessuno, i randagi da canile, non ci è dato sapere. Di certo esistono luoghi di eccellenza, ma anche tragici casi di sbrigatività, cinismo e crudeltà.
La stessa eutanasia, che civilmente prevede l'induzione del coma farmacologico prima della somministrazione del letale Tanax (un veleno molto arretrato utilizzato ormai quasi solo in Italia, che causa la morte in più di un minuto paralizzando i centri nervosi) non segue sempre tale prassi. C'è chi va di fretta, chi agisce senza controllo, chi non perde tempo a spiegare al proprietario ignorante. Un atteggiamento ortodosso è affidato alla personale deontologia del medico, inclusa in quelle che l'Ordine di categoria (che solo qualche anno fa ha ufficialmente riconosciuto gli animali "creature senzienti") suggerisce come "buone pratiche". La mancanza potrebbe essere punita come maltrattamento, ma solo se denunciata: molto difficile, in certi casi.
Si avverte dunque urgente necessità di un'evoluzione rapida della coscienza, per recuperare ogni metro perso rispetto ai progressi scientifici.