I paesaggi più belli, materiali e mentali, sono quelli creati da una grandissima attenzione, da occhi bene aperti, aperti anche all'imprevisto e all'intuizione inaspettata; sono stati creati da un punto di vista ardito e onnicomprensivo, che non teme di attingere alle fonti più vaste e anche più antiche. L'elemento importante in ogni creazione e nell'arte dei giardini è sempre stato l'essersi tenuti il più lontano possibile dalla ripetizione letterale di cose altrui, essersi tenuti lontano da ogni approssimazione, da ogni sbadatezza, l'aver scelto ove possibile il poco tenuto bene anziché il molto tenuto male.
Così fu per i giardini di Versailles, i più belli del mondo, creati dall'architetto Le Notre ma soprattutto da una dinastia di giardinieri, i Mollet, che di padre in figlio si dedicarono a rendere visiva a Versailles a la gloria del Re Sole. Il più famoso di loro, il più geniale, nel suo trattato sull'arte del giardinaggio dedica molte pagine all'astrologia come archeometereologia, preziosa fonte immemoriale di informazioni, comune a tutti i popoli originari, sul momento cosmico planetario adatto a ognuna delle differenti operazioni del coltivatore e del giardiniere. Chi sa osservare le cose della natura può gioire di prove continue della magica vicinanza di ogni cosa a ogni cosa, dal viticoltore vicino alle fasi del miracolo del vino, dalla pianta alla botte, al giardiniere che vede la pianta aprire i suoi fiori quando la Luna è piena e quando è mezzodì.
Perciò, per creare qualcosa di bello intorno a noi, io penso che siano molto utili tutti gli esercizi che favoriscono non solo la memoria, che ci fa ricordare anche di fronte a cementificazioni desolanti che la bellezza esiste perché in passato l'abbiamo vista - rileggiamo L'arte della memoria di Francis Yates - ma anche e soprattutto utili quello che aprono le porte della percezione, come titolava il famoso libro di Aldous Huxley, gli esercizi che fanno cogliere l'insieme quanto il dettaglio, la complessità, la sintesi, il detto e non detto, il visibile e l'invisibile,il lato destro e quello sinistro del cervello. Molti anni prima del famoso testo che insegnava a disegnare con il lato destro del cervello - chiunque riusciva a disegnare, seguendo con la linea i vuoti-il cervello destro - di un soggetto, anziché i pieni, i contenuti "logici" - il cervello sinistro, di ciò che gli appariva.
Perciò, caro lettore, ti propongo un piccolo rebus che mentre celebra una storia gentile fatta di fiori ti allena alla scoperta dell'inaspettato , soprattutto ti invito a guardare molto più attentamente non solo le violette e i fiori, ma tutta la natura.
Queste Viole enigmatiche si trovano nel bellissimo piccolo Museo Napoleonico di Roma e attualmente non sono esposte al pubblico, per far posto ad altre mostre a rotazione- toccante quella su Mazzini e la musica, con la sua amicizia per un usignolo-, ma esiste l'immagine che il Respiro riproduce per voi. La violetta era il fiore preferito di Napoleone, simbolo dell'amore che lo legava a Josephine Beauharnais- la femme la plus remplie de grace que j'ai jamais vue, la donna più colma di grazia che io abbia mai vista, come egli diceva- un'idea della bellezza di Josephine, che era piccolissima di statura e perfetta, emana dai suoi preziosi vestiti fioriti, esposti anch'essi nel Museo. In suo ricordo l'anonimo acquarellista creò un rebus vegetale, dove ben sei profili dell'imperatore e della sua famiglia si nascondono tra i fiori e le foglie di due mazzolini di violette legati da un nastrino con la scritta "Famiglia di Napoleone". Chi ne trova uno, chi due, qualcuno di più. E voi?
A parte il numero, queste violette vi avranno fatto fare un piccolo passo avanti nello vostra percezione della complessità di questo vasto universo in cui siamo immersi.