Ammettiamolo: se non abbiamo la sfortuna che arrivi proprio sotto casa nostra, e anche in quel caso non è detto, è probabile che mai sentiremo parlare di PUP.
La sigla sta per Piano Urbano Parcheggi e la sua genesi è lunga e tortuosa, ma di fatto rappresenta, almeno ufficialmente, il quadro d'azione che città come Roma e Milano hanno messo in atto per risolvere il problema parcheggi, visto nell'ottica di un più ampio progetto strutturale di mobilità e trasporto che dovrebbe liberare le grandi metropoli dal giogo del traffico e dello smog. Un'idea niente male, almeno teoricamente.
Quello che è un Pup, vale a dire uno di questi parcheggi, in realtà va ben oltre la comprensione del primo momento e, ripeto, se non abbiamo la sfortuna che capiti proprio sotto casa nostra, difficilmente ce ne preoccuperemo. In effetti, tra le tante problematiche che affliggono le città, la nascita di un nuovo parcheggio non dovrebbe nemmeno esserlo, un problema. Anzi, ben vengano luoghi funzionali e accessibili dove mettere le famigerate ma irrinunciabili automobili.
Dunque perché, se davvero solo di parcheggi si tratta, ogni volta che si apre un cantiere, immediatamente nasce un nuovo comitato anti pup? Perché esiste da anni il Coordinamento dei Comitati no Pup, presieduto da Anna Maria Bianchi? Perché è stato pubblicato il Libro Bianco dei Pup dove si riportano tutti gli abusi e i vizi del sistema parcheggi? Perché, nel luglio scorso, un nuovo libro, “Non vogliamo la Luna”, contenente tutte le proposte che liberi cittadini, spendendo del loro tempo e con le loro forze, coordinati dalla stessa Bianchi, hanno scritto evidenziando tutti gli ovvi meccanismi di garanzia e correttezza relativi alla nascita di un pup, che non vengono invece mai rispettati?
E perché, in ultimo, un pup spaventa tanto?
La ragione principale crediamo possa trovarsi soprattutto nel fatto che molti di questi progetti tendono a fare piazza pulita di tutto quello che era la realtà precedente dell'area interessata, trasformandone e modificandone l'essenza, lo spirito, la destinazione d'uso e persino la fruibilità. In qualche modo, il Pup precipita sui cittadini, li strapazza togliendo loro ogni spazio abituale, li tortura con anni di cantiere, li mette in agitazione per via degli invasivi e profondi scavi sotterranei (non senza conseguenze, anche strutturali) e infine lascia un'area che è completamente altro da quello che era prima, annullando, se dice bene, la presenza delle auto in superficie, ma anche tutte le bellezze precedentemente esistenti. In parole povere, un pup è una colata di cemento sotterraneo, attuata a volte anche in modo irrazionale e non necessario, che stravolge la superficie e che raramente diventa un passaggio indolore e migliorativo della zona.
Non solo: sembra che nulla possa fermare un pup e anche questo, per chi si trova a doverci convivere, è molto angosciante.
Comitati di cittadini per anni sono corsi da un assessore all'altro, barcamenandosi tra i vari cambi di Giunta, cercando di portare di volta in volta le loro argomentazioni, senza che alcuna di queste arrivi a rappresentare un valido motivo per bloccare l'apertura del cantiere. Questa realtà delle cose raggiunge il suo apice anche quando le evidenze dell'inutilità del progetto, o della sua pericolosità, o del suo potenziale peggiorativo della zona, o addirittura della sua minima importanza in confronto a grandi ritrovamenti archeologici, vengono infine del tutto ignorate perché, viene detto ai Comitati, esiste ormai un contratto tra Comune e Costruttore che per nessuna ragione terrena o ultraterrena può essere spezzato. Una sorta di patto con Lucifero in persona dal quale il Comune non potrà mai liberarsi del tutto.
Ecco alcuni esempi romani:
Pup di Via Giulia. Per fare lo scavo la ditta si mangia un pezzo del liceo classico Virgilio ma non fa nulla, e nell'indagine archeologica riporta alla luce del sole quello che probabilmente è parte di un antico mercato di epoca romana. Ora, è vero che a Roma difficilmente quando si scava non si trova nulla, ed è anche vero che la Roma del XXI secolo deve in qualche modo evolversi, ma andiamo! Un intero mercato romano, un luogo di bellezza, di conoscenza, un patrimonio, un valore tale che dovrebbe automaticamente avere il potere di liberare il Comune dal contratto luciferino con la ditta. E invece no. Si parla, si discute, si attende, e poi si vedrà.
Dunque il ritrovamento archeologico, neppure di larga portata, è sufficiente.
Pup di Viale Leonardo da Vinci. La zona è problematica dal punto di vista idrogeologico, uno stabile poco più in alto è stato smantellato perché pericolante, nella strada perpendicolare alcune case hanno i pavimenti inclinati, eppure pare proprio che il pup, là, serva. Peccato che lo scavo previsto fosse fatto talmente male da finire dentro la casa di un cittadino, particolare che solo il geologo pagato dai residenti stessi ha messo in evidenza. Peccato che ci sono olmi di cinquant'anni sulla strada. Peccato che la gente sia insorta e non voglia affrontare un cantiere e perdere le alberature e temere per le proprie case per 80 box auto.
Eppure nulla si ferma.
Infine arriviamo al pup di Via Enrico Fermi, forse il pup più chiacchierato di Roma. Ed è, passateci la parola, un puppone. Quattrocento tra posti auto e box, quattrocentoventi metri di viale alberato destinato ad essere sventrato e scavato fino a sedici metri di profondità, un progetto enorme che precipita sui cittadini. Il Comitato come prima cosa raccoglie 5400 firme per dire che non lo vuole, ma non basta; allora fa gentilmente notare che la zona è piena di parcheggi e rimesse private vuote, oltre agli scandali di parcheggi costruiti e mai consegnati ai cittadini (vedi ad esempio Via Blaserna, strada parallela a via Fermi) per un totale di 1100 posti auto già disponibili e che non serve fare il puppone, basta mettere e far rispettare i divieti di sosta per riqualificare la zona, ma l'osservazione è troppo acuta e viene scartata. Il Comitato fa allora notare che ci sono ottanta alberi sulla strada e che, nonostante le poco rassicuranti raccomandazioni che 20 di questi verranno spostati, tutti gli altri verranno abbattuti e che quindi la strada perderà la sua bellezza e fare questo per un parcheggio che non serve non è una grande idea, ma ancora niente.
Il Comitato assume e paga con il contributo dei condomini della strada un geologo e fa notare che le indagini idrogeologiche sono incomplete, che per un intervento simile non si possono presentare rilevamenti imprecisi o indagini bibliografiche, e a questo punto il Comune dice si, è vero, sono incomplete, ma nulla di più. A tutto questo si aggiungono manifestazioni, fiaccolate, interrogazioni al Sindaco e 1000 cartoline inviategli da altrettante persone per invitarlo a vedere quanto è bella la strada con tutto questo verde. Eppure, di nuovo, ancora, nulla si ferma, nulla si arresta.
E allora? La domanda finale che ci poniamo è questa: esiste una qualche via di salvezza dai pup, oppure no? L'unica speranza è pregare che non capitino mai nella propria strada oppure ha un senso continuare a lottare?
La cementificazione del sottosuolo è il nuovo grande affare dei costruttori che allungano le mani su Roma, le aree scelte per fare i parcheggi non sono aree studiate per una vera utilità nella mobilità e nei trasporti, ma sono aree scelte dal costruttore stesso nella maggior parte dei casi; ciò che viene offerto al municipio dove sorge il parcheggio è, in termini economici, un trentesimo o un quarantesimo di quanto incassa la ditta; chi si oppone a questo stato di cose viene diffidato, subisce attacchi persino sui giornali pubblici (la Cam, ditta che ha l'appalto per via Enrico Fermi, ha acquistato pagine sui quotidiani Il Messaggero, La Repubblica e il Corriere della Sera per dare ai membri del Comitato no Pup Fermi dei bugiardi e dei millantatori scrivendo: Un comitato di cittadini, al quale, prima dell'inizio delle procedure propedeutiche alle indagini archeologiche, è stato sottoposto più volte in assemblee organizzate dalla Cam, il progetto e le fasi di lavorazione, ha montato una iniziativa diffamatoria con tecniche agitatorie contro la possibile esecuzione del progetto, usando la menzogna per influenzare il sereno giudizio dei cittadini sulle vere caratteristiche progettuali e sui vantaggi che ne ricaveranno ad opera conclusa. La volontà di questo comitato è quella di impedire ogni procedura che può avviare la costruzione del parcheggio a svantaggio di il progetto utile, mettendo così in discussione i presupposti economici dell'impresa che l'ha finanziato, provocando il grave danno economico che si ripercuoterà sull'occupazione della base produttiva), diventa bersaglio di offese e in più perde giorni e giorni della propria vita a combattere contro dei giganti economici.
Ha senso opporsi ad un macchinario così ben oliato? Ha senso cercare di trovare la ragione abbastanza valida (ma quale sarà, se nemmeno l'ovvio è sufficiente) per fermare un processo che i cittadini scoprono solamente quando è ormai già tutto deciso? Ognuno trova le sue ragioni. Molti si arrabbiano perché le loro case perdono valore al solo sentir parlare di pup e hanno, a ragion veduta, paura di crepe e danni.
Chi si addentra nei discorso scopre che solo i “fortunati” che si affacciano direttamente sul pup possono sperare in un minimo di assicurazione per eventuali danni mentre tutti gli altri non ne vengono beneficiati. Ci sono poi quelli che la mettono sulla politica, che cercano di trovare la via per fermare la macchina infernale del pup e credono (o disperano, a seconda dei casi) che il consigliere o l'assessore possa fare o disporre. Ci sono infine quelli che in quelle strade hanno imparato ad amare i giganti verdi che le abitano, li hanno visti crescere, alcuni sono persino invecchiati con loro e ora non vogliono perderli. Ne abbiamo viste tante, di persone così, abbracciate agli alberi, li vediamo timidamente salutarli con una pacca sulla corteccia quando passano e sono sempre in piazza a protestare. Gente senza età, il bambino che guarda in alto e scopre che il mondo è anche verde e non solo grigio, l'anziano che con quell'albero accanto ha affrontato anni belli e brutti della sua vita, il commerciante che lo ha innaffiato nei periodi di siccità, il portiere che gli ha messo il concime, il passante che si è riparato alla sua ombra.
Un popolo variegato, quello del no pup, ma pur sempre un popolo. Un gruppo per ogni pup e molti sotto il Coordinamento dei Comitati, alcuni più coinvolti, altri meno, ma un gran numero di persone che chiede di essere ascoltato, chiede che la macchina infernale si blocchi e che vengano trovate altre strade, magari questa volta più intelligenti.
Marzia Marcotulli è vicepresidente del Comitato No Pup Fermi