Il prossimo 19 dicembre avrà inizio, dopo oltre cinque anni dall’apertura dell’inchiesta, il processo ai gestori del Canile di Panza, sull’isola di Ischia, rinviati a giudizio dalla Procura di Napoli con l'imputazione di aver creato una solida e sufficientemente abbozzata associazione criminale a quanto appare finalizzata al commercio illecito di animali d'affezione con la Germania. Ma per comprendere questa intricata vicenda è necessario fare un passo indietro.
Nel 2001 nasce nel comune di Forio d'Ischia, località Panza, la Fondazione Anne Marie Ernst, dal nome della signora tedesca che alcuni anni prima aveva trasformato una catapecchia abusiva in un rifugio per cani e gatti abbandonati. Parallelamente all’attività di accalappiamento e custodia degli animali in convenzione con tutti i comuni dell’Isola, qui si inaugura subito un’intensa campagna di adozioni verso la Germania. “A quel tempo collaboravo con alcune associazioni animaliste isolane rivolte alla cura degli esemplari abbandonati; ogni tanto mi capitava di sentir parlare di cani e gatti mandati all'estero, – racconta Maria Pagano, oggi presidente dell’associazione UNA-Uomo Natura Animali di Ischia –. Allora fu il grande numero delle partenze a insospettire molti di noi. Solo nel 2006 avemmo modo di appurare quali fossero le modalità di queste sedicenti adozioni, in aggiunta alle pessime condizioni di viaggio: decine di gabbie ammucchiate in ciascuno dei furgoni che partivano per l'estero a cadenze regolari."
Nel 2003, Tele Ischia diffonde una notizia che suscita molta impressione: la signora Ernst ha tentato il suicidio, pare tagliandosi la gola. Il motivo del gesto rimane sconosciuto, ma la donna, che si è salvata, torna a vivere nella madrepatria ed esce totalmente di scena. La struttura rimane affidata ai suoi collaboratori: Ciro Pontone e la moglie Karin Mundt, i quali si occupano di organizzare e gestire le adozioni verso la Germania, mentre Alessandro Impagliazzo e in seguito Nicola Cacciapuoti dirigono il canile con l’aiuto di Else Scheurlein e Jutta Heinemann. Proseguono a ritmo sostenuto le spedizioni di cani e gatti oltre frontiera e prendono il via lavori di ampliamento del canile che – come denunciano diverse associazioni - rimarrebbe tra l'altro una struttura totalmente abusiva.
Ma il caso giudiziario scoppia nel marzo 2006: a seguito di parecchie segnalazioni il furgone del canile viene fermato dalla polizia mentre sta per imbarcarsi dal porto di Ischia. All’interno, diretti in Germania, decine di cani e gatti stipati in condizioni pietose. La Procura di Napoli, nella persona del PM Maria Cristina Gargiulo, inizia un'accurata indagine da cui emergono immediatamente i primi gravi indizi. Grazie in particolare alle dichiarazioni di M.T.B., una cittadina austriaca residente a Ischia, è possibile scoprire che gran parte delle firme sui moduli di adozione degli animali è stata in realtà ottenuta con l’inganno. Il metodo è semplice quanto efficace: una persona desidera adottare un cane, il personale della Fondazione Ernst fa compilare e firmare un modulo e – con il pretesto di formalità burocratiche – invita a siglare in bianco altri documenti che poi vengono riempiti con i dati di altri cani. Ecco che a una singola persona risultano affidati 3, 4 anche 5 animali. In realtà per la maggior parte di loro non esiste alcuna famiglia adottiva. Stando agli atti processuali è lo stesso Alessandro Impagliazzo, direttore sanitario del canile fino al 2005, a raccontare agli inquirenti che i cani finirebbero perlopiù in canili tedeschi. Fatto riscontrato anche dai membri di UNA che nell'agosto 2005 ottengono dalla Asl competente per l'isola di Ischia l'elenco dei canili tedeschi e le schede identificative degli esemplari partiti fino a quella data. Incalzato dagli animalisti, a questo punto allarmato per la sorte degli animali, Impagliazzo avrebbe chiesto spiegazioni ai coniugi Pontone e sarebbe stato per questo motivo licenziato. Recatosi in Germania per controllare di persona avrebbe scoperto che su 51 esemplari inviati ad una struttura in Baden Wurttemberg sarebbe rimasta traccia di un solo cane.
Nel luglio 2006 la procura di Napoli autorizza una serie di intercettazioni ambientali che si protraggono per diversi mesi e permettono di delineare senza più dubbi il funzionamento di questa vera e propria “associazione criminosa”. Per tutto il corso del 2006 – e probabilmente anche molto dopo – continuano senza sosta le partenze verso la Germania. Per non destare ulteriori sospetti, però, la Fondazione Ernst cambia metodo: gli animali vengono adottati da prestanome, cittadini tedeschi in vacanza in Italia – definiti “padrini di volo” (flug paten) – che li portano in Germania in aereo per poi consegnarli a terzi, con destinazione ultima ignota. Malgrado l'inchiesta della Procura di Napoli e l'inizio di una consapevolezza sul territorio, che suggerisce forse al Comune di Ischia l'ordinanza che vieta l'adozione dei cani fuori dalla Campania, le esportazioni dal canile di Panza non s'interrompono. Qualche suggerimento viene dagli stessi atti dell’indagine: “La fondazione riceveva bonifici internazionali con cadenza regolare per importi che raggiungevano anche i 10.000 euro (euro 3.500 il 09-06-2006, euro 5.000 il 28-06-2006, euro 2.000 il 30-06-2006, euro 10.000 il 22-08-2006)”. Più di 20.000 euro in meno di tre mesi: somme che tengono alto il sospetto sulla cessione successiva dei cani, una volta all'estero, ad attività lucrose e orribili come la sperimentazione.
A tale proposito la procura di Napoli avanza due rogatorie internazionali. La prima, nel novembre del 2006, indirizzata alle autorità tedesche “Richiedeva di compiere ulteriori accertamenti in ordine alla corrispondenza tra destinazione finale ‘dichiarata’ e destinazione ‘reale’ degli animali ed all’esistenza in vita degli stessi”. Gli esiti della rogatoria hanno confermato il meccanismo dei “finti padrini” che già in aeroporto consegnano gli animali ai “corrieri dei canili tedeschi” i quali a loro volta li cedono o rivendono a non specificati terzi. La seconda rogatoria, del maggio 2007, invita le autorità teutoniche a indagare sul’identità dei misteriosi finanziatori della Fondazione Ernst, ma “gli esiti di questa seconda rogatoria non risultano pervenuti” . Sembrerebbe insomma che non si sia riscontrata estrema sollecitudine nella collaborazione tedesca.
A seguito delle indagini i cinque gestori del canile di Panza, i coniugi Pontone, Nicola Cacciapuoti, Else Scheurlein e Jutta Heinemann, sono rinviati a giudizio. Le accuse sono maltrattamento di animali, falsità ideologica e materiale, associazione per delinquere finalizzata all'illecito traffico di esseri senzienti. Rinviati a giudizio anche due veterinari della Asl di Ischia imputati di collusione. Nel frattempo però, a causa della vicenda giudiziaria, la Fondazione Ernst nel 2007 si dissolve e l’intero patrimonio viene ceduto, come previsto nell’atto costitutivo della fondazione, alla Pro Animale Fur Tiere In Not E.V., che si presenta come una vera propria multinazionale delle adozioni in Germania, con le sue 32 strutture sparse per tutta l’Europa e sede centrale in patria. In Italia possiede anche un canile ad Assisi, chiamato "Il sorriso di San Francesco": qui transitano talvolta i cani di Ischia e altri animali diretti in Germania o in Austria.
Nel 2009, il rifugio della Pro Animale di Hornberg viene chiuso e l’associazione indagata e successivamente condannata per maltrattamento di animali, confezionamento di documenti falsi, commercio illecito di esemplari di affezione importati addirittura dall’Asia, senza rispettare le regole sugli spostamenti di animali.
"E' tristemente paradossale," osserva Maria Pagano. "Infatti gli animali del canile di Panza sono passati da un'associazione tedesca imputata in Italia per associazione a delinquere e maltrattamento di animali a un'associazione tedesca condannata in Germania per analoghi reati."