Tra le più scandalose autorizzazioni concesse per impianti fotovoltaici, quella per un deserto di pannelli di 45 ettari, nella contrada Miggianello a Scorrano (LE), in un’area rimboschita con finanziamento europeo (misura 2080/92 CEE del 1992). Un unico mega impianto della ditta tedesca Schuco, finanziato sempre dalla Deutsch Bank, frazionato all’atto della richiesta delle autorizzazioni in sotto-impianti adiacenti per eludere la legge, come sentenziato dal TAR, Tribunale Amministrativo della Puglia-Bari, sezione distaccata di Lecce, per usufruire di procedure semplificate d’autorizzazione, come avvenuto, senza neppure la sottoposizione a VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) di quell’ opificio industriale fotovoltaico realizzato in piena area agricola per altro. Si trattava di una sentenza, del locale tribunale amministrativo regionale, a favore della associazione Italia Nostra onlus, poi inspiegabilmente e misteriosamente ribaltata per cavillosità nelle oscure stanze del Consiglio di Stato a Roma, cui la ditta era ricorsa in appello, con condanna dell’associazione portatrice di interessi diffusi, Italia Nostra, al pagamento addirittura delle spese legali, per diverse migliaia di euro. Anziché ricevere invece un’onorificenza dal Presidente della Repubblica, come avrebbe meritato, per aver denunciato gli scandali in corso in Puglia con la colpevole complicità dell’ente regionale e degli enti comunali e provinciali, e non solo.
Quotidiani oggi i sequestri proprio di mega impianti fotovoltaici ed eolici frazionati in sottoimpianti all’atto delle richiesta di autorizzazione per esulare le leggi più restrittive per i grandi impianti e avere autorizzazioni semplificate. Impianti fotovoltaici di diversi ettari realizzati in luoghi a vincolo per rischio idrogeologico, l’ ultimo giorni fa sequestrato a Sternatia (Lecce) realizzato in una dolina carsica, luogo di impluvio naturale delle acque piovane dell’area. Altri in aree con altri vincoli; altri con irregolarità d’ogni tipo, nei pressi di beni culturali a loro danno, civili abitazioni, interi paesi (è il caso in provincia di Lecce di Novoli, Castrignano dei Greci, e Soleto a Masseria Bellico), ecc. ecc.
Oggi alla consueta corsa alla “cementificazione” e all’ “asfaltamento” speculativo del territorio, male ormai post bellico costante e da frenare, si è aggiunta una nuova voce di cementificazione e neo-infrastrutturazione viaria che consuma altro suolo, legata a queste rinnovabili. Si proprio così, è c’è chi persino lo nega. Basamenti di cemento per i pannelli ubicati nei campi trasformano in infinite scacchiere di blocchi di cemento di enormi plinti infissi al suolo a perdita d’occhio le terre arabili d’un tempo con gravi rischi di dissesto idrogeologico. Colate di cemento da fondamenta di grattacieli newyorkesi, immense; tonnellate di cemento colate in enormi cave scavate nei suoli rurali per sostenere mastodontici pali portanti sempre di cemento delle mega pale eoliche. Non chiamiamole “torri” eoliche, un termine prescelto a tavolino dalla lobby, come mille altri ad hoc, con mille strategie di marketing pubblicitario da regime totalitarista, per farle gradire a chi non le ha mai viste da vicino ergersi quegli aerogeneratori rumorosi ed hi-tech tra gli olivi lillipuziani al loro pari. E infinite reti di nuove largissimo strade aperte ovunque, a profanazione e sventramento di tutto, per raggiungere con enormi mezzi comodamente le varie pale dei vari impianti.
E’ l’autarchia alimentare del Paese, la sua potenzialità di soddisfare i fabbisogni alimentari degli abitanti che si sta pregiudicando così anche gravemente. Un errore strategico assurdo. Mentre avremmo bisogno di forti ed intelligenti politiche agricole incentrate sulle filosofie di qualità e salubrità del biologico.
A nulla stanno bastando gli ormai quotidiani arresti e sequestri di cantieri della lobby falso-green, da parte di tutte le forze dell’ ordine mobilitate (Carabinieri-NOE Nucleo Operativo Ecologico, Finanza, CFS Corpo Forestale dello Stato, Polizia Provinciale, Agenti Municipali, Polizia), che si susseguono ora dopo ora, giorno dopo giorno, gli avvisi di garanzia a politici, le smascheranti inchieste giornalistiche che non si contano più, le denunce e proteste dei lavoratori sfruttati, le fughe dei colpevoli, i ricorsi a tribunali amministravi, gli esposti della gente, di liberi cittadini, di associazioni, di mille comitati sorti ovunque nell’emergenza in difesa dell’orizzonte quotidiano, del biologico spazio vitale; le denunce per devastazioni di beni culturali, antiche masserie profanate dai pannelli e cavidotti (Masseria Miggianello a Scorrano, Masseria Bellico a Soleto (LE), ecc, ), siti archeologici, tombe messapiche sventrate (Soleto), trulli monumentali (Melendugno (LE)), muretti a secco divelti e sbriciolati a chilometri ovunque e sostituiti da recinzioni in filo spinato, lager fotovoltaici, o gulag a seconda delle preferenza politiche la sostanza non muta, oliveti e vigneti incendiati, avvelenati e svelti per lasciar posto all’orrore falso-verde.
Inquinamento acustico nel raggio di chilometri intorno agli aerogeneratori, inquinamento visivo diurno da mega pale rotanti di giorno, alienanti e anacronistiche nel nostro paesaggio, e notturno da luci rosse di segnalazione aereonautica poste in capo alle pale, che sfregiano il godimento del firmamento, del cielo stellato, che l’UNESCO dichiarerà Patrimonio dell’Umanità, mettendo così al bando l’inquinamento luminoso. “Sindrome da turbina eolica” chiamano ormai i medici gli stati di stress che tali opifici inducano su chi ha la sventura di trovarsi a vivere nel loro raggio di deturpazione del paesaggio e della qualità di vita; anche in Italia si contano già le vittime per suicidio causate da questa nuova assurda depressione; vedi anche il libro best-seller di recente pubblicazione proprio a denuncia di queste problematiche, scritto dal giornalista d’inchiesta del giornale “Repubblica”, Antonello Caporale, intitolato “Controvento” e relativo alla dilagante piaga nel sud Italia dominato dalle mafie della Green Economy Industriale.
La campagna cementificata, vetrificata, sconquassata, ridotta ad un far-west; vigilantes armati fanno da cani da guardia armati ai lager dei pannelli; atti terroristici e ritorsioni varie con incendi di impianti e danneggiamenti; ladri che assaltano e malmenano i vigilantes e che vi rubano lastre di silicio semiconduttore, telecamere e cavi in rame; attentati mafiosi inspiegabili; incendi e autofurti di panelli per fregare anche le assicurazioni; rifiuti speciali smaltiti, occultati illecitamente nel basamento di torri eoliche e sotto i campi di fotovoltaico (come successo a Soleto con sequestro di vari impianti fotovoltaici nei mesi scorsi); il paradosso delle energie “pulite” che più sporche non potrebbero essere, ecc. ecc.. L’ “homo homini lupus” nel povero Salento, degenerato in pochi mesi! E’ un generalizzato “ambienticidio”!
In pochi mesi la Green Economy ha fatto si che la Puglia non sia “più donna di province, ma bordello”, amaramente parafrasando un amaro passo dantesco riferito all’Italia divisa e colonizzata dei suoi tempi. Un bordello dove persino son state trovate con le mani in pasta in questa assurda felliniana e grottesca speculazione alcune associazioni ambientaliste italiane, scoperte così ormai solo pseudo-ambientaliste, scoperte anch’esse a volere speculare più o meno direttamente nel business dei grandi impianti eolici e fotovoltaici; associazioni coinvolte intrinsecamente nella macchina Green per legittimarne gli orrori agli occhi della gente. Che schifo! Che Vergogna senza fine! Uno scandalo partito dal Salento, denunciato dai soli cittadini armati di amore per il territorio e verità, e che ha spaccato le basi delle stesse associazioni tradite dai loro dirigenti.
Pascoli, campi, orti e seminativi, vigneti, persino uliveti e frutteti divelti, con autorizzazione regionale nero su bianco, in barba ad ogni legge di tutela degli ulivi, per lasciar posto ai morti pannelli e alle pale d’acciaio dell’eolico. Una distruzione, uno sconvolgimento inenarrabile ed inaudito, di tutto ciò che si associa e si connatura nella memoria collettiva mondiale al termine Puglia, i suoi paesaggi naturali e rurali, la sua biodiversità, la sua cultura, la sua salubrità, la sua economia agro-silvo-pastorale e turistica d’eccellenza, vere fonti genuine di ricchezza per i cittadini.
Abbiamo bisogno di invertire subito la rotta, di smantellare questi impianti illegali, di “Rimboschire” il Salento, con specie forestali autoctone, con interventi statali massicci, ma anche con incentivazioni ai privati per la “Riforestazione”, di questa regione; la regione più selvaggiamente deforestata d’Italia, con la minore percentuale di boschi; una deforestazione assurda impennatasi dall’ Unità d’Italia ad oggi. Una scomparsa della superficie boschiva che rappresenta la prima emergenza di questa terra, ambientale, idro-geologica, e culturale, cui si aggiunge la scomparsa di suolo naturale, (fondamentale per i cicli di riequlibrio della nostra biosfera), da cementificazione selvaggia ed asfalto non meno selvaggio. E’ il Salento (province di Ta, Le e Br ) tra le regioni con la maggiore percentuale di suoli danneggiati da cemento, cementificati, ed è primo in Italia per percentuale di territorio ricoperto da strade asfaltate. Dobbiamo invertire la rotta, con lo “stop al consumo di suolo” e la “bonifica” e “rinaturalizzazione”; invertire un processo degenerativo, un cancro amministrativo, che con la Green Economy ha raggiunto in pochi mesi il fondo di un baratro che sembrava, ma ancora per poco, lontano.
Precisiamo che nei rimboschimenti le piante adoperate devono essere rigorosamente autoctone del sud-Italia e assolutamente non OGM di organismi geneticamente modificati, come invece proposto recentemente e scelleratamente dal neo Ministro all’ Ambiente, Corrado Clini, dirigente già di vari progetti sulle biomasse per produrre energia, probabilmente per averne una crescita più rapida degli alberi e favorire l’altra speculazione aberrante delle biomasse industriali. No comment. Del resto questo neo Ministro all’Ambiente si è dichiarato persino favorevole all’energia nucleare a fissione come fonte auspicabile per produrre energia anche in Italia.
Abbiamo il dovere di diventare noi tutti i neo-rinascimentali pittori del nostro paesaggio in un processo storico che deve essere invertito. Se prima il paesaggio urbano, rurale e naturale, ispirava i pittori per i capolavori riprodotti sulle loro tele, ora noi dobbiamo ispirarci idealmente ai paesaggi di quei capolavori, scrigni del tempo, e dipingerli sul paesaggio reale, ritrasferirli dalla tela alla nuova nostra tela che è il paesaggio reale che ci circonda a 360° nella quotidianità. Questo quello che deve fare ogni sindaco virtuoso del domani Italiano, quale che sia la sua provenienza politica se vuol essere onorabile e stimato dai suoi con-cittadini, e lo deve fare da ogni punto di vista del suo feudo amministrato. Ogni associazione e comitato e ogni cittadino, dallo spazio privato allo spazio pubblico.
Guardare il paesaggio oggi e capire dove intervenire con delle pennellate reali per togliere orrori ed aggiungere bellezze naturalistiche, rurali e storico-architettoniche, restauri saggi, costruzioni tutte a modo, rispettose del Genius loci nelle molteplici stratificate suggestioni di stili identitari di quel territorio.
“Decementificazione”, “bonifica dagli inquinanti”, “restauro”, “rispetto del genius loci”, “rinaturalizzazione”, sono alcuni dei pilastri del nuovo o comunque del “vero ecologismo”, del "naturalismo" di cui la Puglia e l’Italia intera ha oggi più bisogno. Assunta questa filosofia, questo approccio, il processo virtuoso, che per intenderci abbiamo qui definito "neo-rinascimentale", che di fatto ci unisce tutti ed ispira, sarà rapido e neppure costoso. Chi e' fuori da questo approccio, da questo sentire, e' fuori da ogni ecologismo e basta.
Lo spirito naturalista che anima i veri ambientalisti d’Italia, e che è diffuso in tutta la popolazione anche laddove appare sopito deve essere riaffermato per schiacciare la deleteria foga tecnocratica, incivile, ascientifica e priva di alcuna saggezza, speculativa e biofoba che sta distruggendo il nostro BelPaese, nelle piccole cose, (come l’espianto meschino di un albero perché le sue radici danneggiano una strada, di fatto aggiustabilissima senza quelle stolte inutili barbare condanne a morte di alberi generosi ed innocenti, o la sostituzione di calde luci urbane riposanti ed accoglienti con orridi led a luce cromaticamente fredda da cui fuggire via, ecc. ecc.), come nelle grandi (pensiamo solo agli orrori assurdi incommensurabili del mega eolico, dei deserti artificiali di pannelli fotovoltaici, o delle centrali più inquinanti, ecc., ecc.).
Si chiede di favorire in Italia, al posto dell’oligarchico furto dell’energia pulita che è di tutti, da parte di gruppi multinazionali, la democratica produzione dell’energia con la micro-generazione diffusa con piccoli impianti solari-fotovoltaici ubicati sui tetti di edifici recenti, di basso o nullo impatto ambientale ed estetico pertanto, per l’autoproduzione ed autoconsumo, con piccolo interscambio dell’energia, tramite impianti di proprietà dei piccoli stessi utenti dell’energia prodotta, quali cittadini, famiglie, enti pubblici, aziende; impianti finanziati in toto o in parte a fondo perduto dallo Stato, (come ben potrebbe lo stato fare tagliando gli impianti industriali falso-green di eolico, fotovoltaico e biomasse e ad essi ogni finanziamento), o ben incentivati, per una democraticizzazione virtuosa dell’energia pulita, con vantaggi economici diretti per gli utenti finali e per l’intero indotto, svincolato da logiche speculative ed accentranti mono-polistiche.
Se da un lato si chiede l’intervento di taglio totale degli incentivi e degli stessi impianti per la produzione industriale, volta cioè alla vendita dell’energia rinnovabile prodotta (corrente elettrica, idrogeno, ecc.), con il divieto assoluto di utilizzare aree agricole, il mare e i laghi, per impianti industriali di eolico e fotovoltaico, dall’ altro si chiede una politica nuova e di rinnovato e forte incentivo per la diffusione dei piccoli impianti solari-fotovoltaici sui tetti di tutti gli edifici di epoca recente, superfici-tetto queste estesissime, inutilizzate, sterili dal punto di vista agricolo, e biologicamente morte, dai condomini, ai tetti delle abitazioni unifamiliari recenti, ai tetti degli edifici scolastici, alle caserme, alle palestre, ai palazzetti dello sport, agli stadi, ai capannoni industriali, alle tettoie di parcheggi e stazioni d’ogni tipo...
Ma nel Salento i mali e i tentativi di aggressione al territorio son innumerevoli. E avviene così, ad esempio, che con falsi giochi di apparente opposizione, destra e sinistra si accordano per devastare ancora con strade e infrastrutture ridondanti il Salento, secondo tracciati che non riadattano ed ampliano l’esistente, ma che vanno a ferire nuovi territori, come con lo scandalo nazionale della SS 275 Maglie-Leuca, nella opposizione accesa, inascoltata, dei locali comitati, traditi dal governo regionale dopo mille promesse, e poi accordatosi, dopo le elezioni, vergognosamente, accordo di Vendola con l’ex Ministro salentino di Maglie, Raffaele Fitto, infischiandosene delle opposizioni e delle richieste di riprogettazione del percorso, secondo il principio di minimizzazione di consumo di nuovo territorio, e dunque di minimo impatto, proposte dai comitati locali.
E altre strade, tantissime non riadattando e ampliando percorsi esistenti, ma con tracciati totalmente ex novo, sono in progetto o già in appalto nel Salento dei 100 comuni e oltre, dove per andare da un qualsiasi punto A ad qualsiasi altro punto B, l’unica difficoltà è rappresentata dalla scelta kierkegaardiana tra i mille possibili percorsi equivalenti già esistenti. Nuove strade statali grandi quanto autostrade con 4 corsie, e poi nuove strade regionali gestite dalla Regione, e poi ci sono nuove strade provinciali gestite dalle province cavalcavie, e quella comunali ex-novo, e il tutto con nuovi tracciati, strade complanari, viadotti, sovrappassi e sottopassi, persino gallerie, in un Salento quasi praticamente pianeggiante, inventati e giustificati con mille paroloni e trovate solo per fare lievitare i fondi pubblici stanziati e gli appalti gestibili per creare non economia duratura, ma clientelismo politico e arricchimento facile di pochi. L’economia duratura invece si depaupera depauperando il territorio di suolo fertile, natura e paesaggio, fulcri e presupposti di salubrità, qualità di vita, turismo ed economia silvo-agro-pastorale d’eccellenza.
E poi nuovi porti, ed espansioni di aree edilizie e industriali che ogni micro-comune salentino vuole, son oltre cento comuni, per poter lottizzare e speculare; aree industriali mai davvero decollate, semivuote da decenni, mera spesso capannonizzazione speculativa del territorio. Fortunatamente semivuote c’è da dire, visto cosa successo nelle aree in cui si è insediata invece dell’industria pesante inquinante, come nei poli industriali delle povere vessate e schiacciate città di Taranto e Brindisi, l’unica pare possibile nel Salento, l’industria inquinate appunto, per la nostra deplorevole classe dirigente.
Tagli allora il nuovo Governo, il Primo Ministro professor Mario Monti tutte queste enormi voci inutili di spesa per un inutile infrastrutturazione eccessiva e ridondante, per l’incentivazione d’ogni tipo di Green Economy quando qualificabile come Industriale, voci in negativo per i bilanci dello Stato e che causano indirette ulteriori perdite dal venir meno dei presupposti per lo sviluppo di durevoli ed auto-sostenute economie virtuose locali, quella del turismo di qualità in primis per la Puglia.
Sono queste le voci di spesa da tagliere in tempi di crisi, sempre se questa crisi sia reale; non si deve gravare sulla sanità, sull’istruzione, servizi primari e prioritari per la qualità di vita dei cittadini, sulle classi più povere, sui beni primari, quali la prima casa, il diritto minimo ad un tetto per ripararsi dalle intemperie e ad un focolare per scaldarsi.
Quante volte questa parola, “speculazione”, tanto che ci siamo stancati di usarla e di nascondere la vera parola sottesa: “mafia” nel senso più esteso, onnicomprensivo e sociologico del termine.
Ed è per questo che nel Salento, qui in Puglia, in questa catastrofe da falsa Green Economy, tanto grave, in questi mesi è nato e si è popolarmente diffuso un grido, che è un vero e proprio teorema dal valore diagnostico, sempre più confermato ovunque, teorema gridato ormai in tutt’Italia:
Dove si devasta il paesaggio, lì c’è mafia!
Ma nella disperazione, dalla Puglia anche deve ripartire la speranza, perché l’applicazione inversa di quello stesso teorema, dal valore dunque anche terapeutico, afferma e assicura che dove si cura, bonifica e restaura il paesaggio, secondo la sua anima identitaria, naturale e storica, lì la mafia al contrario viene sconfitta, e lo Stato inteso come istituzione sociale di moralità, prima ancora che di legalità che ne è una ovvia conseguenza, torna campione, torna ad essere Stato.
Ma intanto inesorabili le lobby del cemento avanzano nella cementificazione; oggi addirittura si paventa la cementificazione persino delle spiagge, con il là dato recentemente dal precedente Governo; sarebbe una ennesima catastrofe per il Salento, penisola con le spiagge tra le più lunghe e belle d’Italia, sia lungo la costa orientale bagnata dal Mare Adriatica, che lungo quella occidentale ionica bagnata dal Golfo di Taranto, ma anche dai tanti arenili incantevoli incastonati tra le coste rocciose. E a Santa Cesarea Terme (LE), gioiello del Salento affacciata sul Canale d’Otranto, pochi mesi fa il TAR Lecce ha sbloccato la costruzione di quasi un’intera nuova città, a sud del paese, sulla sua costa rocciosa, in un’area di piena macchia mediterranea, rispondente a piani regolatori vecchi di decenni, nonostante la sopravvenuta istituzione del Parco naturale costiero Otranto-Santa Maria di Leuca. Situazione identica per un secondo tentativo di espansione cementizia a nord della stessa città sempre lungo la sua magnifica mozzafiato costa alta e rocciosa. La popolazione si oppone.
E in nome della cementificazione-privatizzazione si stanno distruggendo le strutture ospedaliere esistenti nella Provincia di Lecce, si sta mettendo in ginocchio tutto il sistema sanitario locale; un’operazione inaugurata da Raffaele Fitto (PDL), quand’era a capo della Regione, e con la mannaia più brutale portata in questi giorni a termine da Vendola, in piena continuità, nonostante le solo apparenti diversità politiche, ed in totale tradimento di ogni sua promessa. Non c’è più nemmeno l’ “onore”, che almeno caratterizzava un tempo l’uomo del sud, dal gentiluomo al contadino, fino anche a quello più malavitoso. E tutto questo anche per realizzare, per appaltare, pochi maxi ospedali firmati Renzo Piano, e dove? Sempre in aree agricole e naturali di pregio paesaggistico consumando nuovi suoli. Lo stesso Renzo Piano dovrebbe intervenire per minacciare il ritiro dei suoi progetti, se la Regione dovesse optare di realizzarli su aree integre, e non, come giusto invece, secondo il principio di “Stop al Consumo di Territorio”, (promosso dal Comune di Cassinetta di Lugagnano (MI) e dal suo sindaco virtuoso Domenico Finiguerra), su suoli già degradati da vecchie industrie o opifici o vecchi capannoni da demolire e bonificare. Ne va del buon nome anche della stessa firma dell’Architetto Renzo Piano, noto in tutto il mondo, che la Regione rischia di infangare con una tale mala gestione del territorio. Lo stesso Renzo Piano dovrebbe imporre alla Regione Puglia il rispetto di tale principio di buona prassi amministrativa, minacciando, in caso avverso, il ritiro del suo stesso progetto.
E con vaghe scuse sanitarie alla ditta Alidaunia, la Regione Puglia autorizza un altro scempio, un eliporto “cattedrale nel deserto” nel pieno cuore protetto e ultra vincolato del Parco dei Paduli, in feudo di Supersano (LE), a Masseria Macrì, finanziato con soldi pubblici, lontanissimo da centri abitati e centri ospedalieri, per l’eli-soccorso 118, si dice, salvo scoprire che poi la ditta potrà usarlo anche a suo piacimento per suoi voli civili e di trasporto vario privato e come pista per elicotteri privati. E nella stessa area, “cattedrali nel deserto”, un altro eliporto-aeroporto in contrada Cortidroso, tra i feudi di Maglie e Melpignano, con già tanti aeroporti nel Salento, come quello di Lecce-Lepore, mai “decollati” è il caso di dire. Pura cementificazione fine a se stessa e giustificata in mille modi arrampicandosi sugli specchi; “pubblica utilità” si dice, la stessa addirittura appioppata agli impianti eolici e fotovoltaici industriali, tanto da legittimare espropri. O Tempora, o mores!
E tutta questa immensa colata facilitata dalla presenza di un mega cementificio che nel cuore del Salento, a Galatina (LE), che devasta con mille cave la terra di una regione praticamente pianeggiante, che si eleva per pochi metri al di sopra del mare, bucherellandola e facendola sparire, per esportare anche il cemento prodotto in tutto il resto del mondo. Danni allo stesso patrimonio geologico esistenziale del Salento incommensurabili, non monetizzabili da nessuna royalty. Un cementificio di una ditta non locale, la ditta eugubina Colacem, con sede a Gubbio in Umbria, che oltre a bruciare combustibili fossili e avvelenare l’aria, oggi vuole anche bruciare nelle sue fornaci, l’iperincentivato nocivo CDR, (Combustibile da Rifiuti), sebbene di nessun particolare potere calorifero, persino proveniente da rifiuti neppure locali. Il tutto per aumentare gli introiti a spese dei salentini, mentre già gli studi epidemiologici rivelano crescenti picchi nell’incidenza di malattie tumorali e non solo, anche con comparsa di patologie prima sconosciute localmente, come denunciato dalla LILT, Lega Italiana per la Lotta ai Tumori e dal suo direttore locale, l’oncologo dell’ Ospedale di Casarano (LE), Giuseppe Serravezza, eroe nella lotta agli inquinanti e agli scempi della Green Economy Industriale delle biomasse d’ogni tipo, appoggiato nella sua azione di denuncia ambientalista a 360°, anche dai locali frati francescani della comunità di Galatina, primo fra tutti il giovane Fra’ Ettore originario di Martina Franca nel nord Salento, e da numerosissimi comitati civici ambientalisti.
Ma di fronte a tutto questo assalto al suo habitat vitale, la gente risponde, si mobilita in tutto il Salento, facendo della “sindrome di NIMBY” uno slogan ed una rivendicazione; Nimby acronimo inglese della frase “non nel mio giardino” (“Not In My Back Yard”), coniato strumentalmente per far apparire affette da una strana malattia curabile, ad esempio, quelle madri che per salvare la vita del proprio figlio dicono ‘No’ ad una centrale termonucleare a fissione dietro casa; e invece nel Salento, affermare “non nel mio giardino” è diventato un motto, un principio, che solo diffondendosi ovunque nel nostro globo, in questa nostra realtà contemporanea glocale, globale e locale al contempo, può davvero efficacemente costringere il mercato, l’imprenditoria, a rispettare i diritti dell’ambiente e delle persone oggi calpestati. Non a caso il termine lo ha coniato la stessa imprenditoria spaventata da questo “principio”, che non è altro che frutto immediato del vitale impulso biologico di autoconservazione e procreazione, e ha cercato di presentarlo come una sindrome, una “malattia” da cui fuggire, di ci evitare la “contaminazione”.
Ed è così che nel Salento alcuni mesi fa le proteste popolari spontanee e apartitiche, partire dal basso, hanno fatto chiudere e smantellare un inceneritore tradizionalmente legato in origine alla famiglia dell’ ex-ministro magliese Raffaele Fitto, ed ex-governatore di Puglia, proprio a Maglie (LE), (città natale dello statista italiano Aldo Moro, barbaramente assassinato dalle Brigate Rosse), quello di Copersalento, che aveva avvelenato tutta la catena alimentare del circondario con la diossina; una Seveso nell’entroterra otrantino, con abbattimenti di centinaia di capi di bestiame avvelenati, di cui nulla è trapelato sui giornali nazionali. E lì stesso, si voleva realizzar, sopra addirittura, un mega altro “moderno termovalorizzatore” di rifiuti da comburre, incenerire per produrre energia. La goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai troppo pieno di nauseabondi odori, aria irrespirabile, morte e malattia. La qualità della vita un obbligo da perseguire, a Maglie, ed ovunque.
Ma oggi lo stesso Vendola è passato nel partito del nocivo incenerimento dei rifiuti iper-incentivato, ed è ben lungi dall’adottare davvero la “strategia rifiuti zero”, adottata solo a parole e su maxi-manifesti in cui ha assoldato tempo fa l’attore barese Lino Banfi per una campagna a favore della differenziazione domestica. Lungi dall’attuare davvero la “strategia rifiuti zero”, riconvertendo in impianti di compostaggio, come ben possibile fare, gli assurdi “biostabilizzatori”, (che ha fatto costruire per trattare, a mo’ di compostaggio, l’indifferenziato, da conferire poi sempre ovviamente in discarica.), Vendola continua ad autorizzare ed inaugurare progetti di inceneritori al gruppo Marcegaglia; a Massafra (TA) ne è già operante uno; a Modugno (BA) i cittadini lo hanno fermato, ecc.; e allo stesso gruppo legato alla presidentessa di Confindustria, Emma Marcegaglia, Vendola ha assegnato appalti per la costruzione e gestione di maxi-discariche, come la più assurda e la più scandalosa delle discariche d’Italia, di cui la Comunità Europea intera dovrebbe interessarsi: quella a Corigliano d’ Otranto (LE) sulla falda freatica protetta del Salento, là stesso dove l’Acquedotto Pugliese, in un’ area sulla carta di protezione delle acque di falda, a pochi metri di profondità, emunge con pozzi artesiani l’acqua minerale dal sottosuolo per abbeverare oltre l’ 80% dei salentini, e delle utenze salentine, in un Salento assetato, privo quasi del tutto di idrografia superficiale permanente, ma ricchissimo d’acqua potabile solo nel suo sottosuolo carsico. Una bomba ecologica al percolato, (oggetto anche di un articolo del giornalista d’inchiesta Carlo Vulpio sul Corriere della Sera), che se entrerà in funzione, sarà ammantata dal solo enigma “quando il percolato arriverà in falda?”, non dall’interrogativo “se arriverà”! La falda, dal fondo cava della discarica vi disterebbe solo poche decine di metri. Una follia che si chiama “maxi-discarica” prevista dal magliese Raffaele Fitto del PDL (Popolo della Libertà), quando era al Governo della Regione Puglia, e da Nichi Vendola, ad esso succedutosi sul “trono” regionale, confermata e perseguita ed appaltata al gruppo Marcegaglia, e autorizzata, in perfetta continuità, (nonostante le solo apparenti differenze partitiche tra Fitto e Vendola), andando in deroga alla lì esistente zona di protezione speciale per le acque, prevista da dispositivi normativi europei, dove per la vulnerabilità della falda, a causa di terreni calcarei fessurati altamente permeabili, e a causa della presenza di faglie tettoniche, che ne ingigantiscono la già alta permeabilità, è vietato quasi transitare con gli autoveicoli. E a tutto ciò Vendola va in deroga. Anche lì, sono i cittadini mobilitati l’unico baluardo in uno Stato che non c’è. E Vendola ha avuto pure l’inumanità, la bassezza morale, di costituirsi, come Regione Puglia, al fianco dell’azienda del gruppo Marcegaglia, a difesa delle autorizzazioni ad essa spudoratamente concesse, dando mandato a dei legali, pagati con i soldi dei cittadini, contro i pugliesi, contro gli stessi cittadini, nel ricorso da essi presentato con varie associazioni, tra cui Italia Nostra, al TAR Lecce, e con tantissimi interi comuni costituitisi ad adiuvandum a loro supporto, per salvare l’acqua, per salvare la vita, per salvare il futuro delle future generazioni, per salvare una terra intera. Altri commenti non servono certo.
Riconvertire è la parola d’ordine verso il “sistema rifiuti zero”, ma non appaltando altri impianti ridondanti come Vendola vorrebbe, con nuovi suoli consumati, nuovi sprechi per mega-impianti di compostaggio ex novo, con il rischio di nuovi appalti ad amici ed ad amici degli amici, in vista di future promesse ed appoggi elettorali, o chissà, con il rischio di avere due filiere parallele in competizione, quella attuale che vuole bruciare CDR e riempire lucrose discariche, e quella del compostaggio e della differenziazione, che rimarrebbe per forza di cose figlia di un dio minore, non fosse altro per il fatto che la prima filiera ha già un certo numero di unità lavorative stabilmente impiegate e contratti pluriennali stipulati con i comuni. “No”, si deve riconvertire l’esistente, le piattaforme di trattamento odierno dei rifiuti riconvertirle in centri di differenziazione e recupero dei materiali, i biostabilizzatori in impianti di compostaggio. Questa è saggezza, questa serietà amministrativa. Tutto il resto è fumo e spreco.
Ed in tutto questo sfacelo che colpisce la Provincia di Lecce, e quelle di Brindisi e Taranto, terra ancora d’incanto, nonostante tutto, per il suo mare e la sua campagna, ed i suoi centri storici, un paradiso nel Mediterraneo e nella Penisola Italiana, come potrete scoprire voi stessi, terra ancora salvabile, da salvare da tutta questa che è un’emergenza nazionale, su tutto questo, tanto potrà, contro questa paradossale calamità artificiale generata da ignoranza e avidità di fama e potere, la vostra ricerca della verità, il vostro dimostrato amore per la giustizia se siete giunti a leggere fin quaggiù, e prima ancora per l’etica, e dunque per il retto vivere degli uomini tra gli uomini, e degli uomini con il loro Pianeta e le sue limitate risorse.