"Se qualcuno avrà sradicato o avrà abbattuto un olivo, sia di proprietà dello stato sia di proprietà privata, sarà giudicato dal tribunale e se sarà riconosciuto colpevole verrà punito con la pena di morte" Così Aristotele nella Costituzione degli Ateniesi. Senza arrivare all’estrema severità del grande filosofo di Salonicco è fuori discussione che il valore di questa pianta è tale da richiedere una legislazione specifica di tutela e grande attenzione da parte di tutti quelli che hanno a cuore la conservazione dell’ambiente naturale mediterraneo. Già dal 1951, una legge dello Stato sancisce il divieto di abbattimento degli ulivi, fatte salve alcune deroghe, delle quali la principale ammette l’eliminazione delle piante in ragione di opere di miglioramento fondiario.
La Regione Puglia, con la legge N° 14 del 4 giugno 2007, ha innestato sul preesistente impianto giuridico una disciplina specifica, con l’obiettivo di salvaguardare ulteriormente un albero così profondamente legato al suo territorio. Nella legge si definisce l’Ulivo Monumentale, cui attengono, oltre all’età plurisecolare, altri caratteri come la sinuosità del tronco o il valore simbolico che una comunità gli attribuisce. Il testo prevede la creazione di una vera e propria mappatura di tutti gli esemplari presenti nella regione e le possibilità di espianto degli alberi vengono limitate unicamente a motivi di pubblica utilità, previo benestare espresso da un’apposita commissione.
La legge – in sé lungimirante – ha trovato però diverse difficoltà di attuazione. Il censimento, previsto per una durata massima di tre anni, non è stato ancora ultimato. “E’ un fatto imbarazzante – dichiara il dott. Antonio Bruno, presidente dell’ Associazione Dottori in Scienze Agrarie e Scienze Forestali della Provincia di Lecce – mi sarei aspettato che le autorità coinvolgessero, magari attraverso la Rete, associazioni impegnate nella tutela del territorio, come il Forum Ambiente e Salute del Grande Salento. Invece hanno lasciato un compito così importante al Corpo Forestale dello Stato e alla Regione, due enti per i quali ho il massimo rispetto, ma che non dispongono di personale sufficiente. Se pensiamo che in Puglia ci sono più di 40 milioni di ulivi e di questi si stima che 5 milioni siano monumentali, si capisce come forse la partecipazione di volontari delle associazioni avrebbe potuto aiutare ad accorciare i tempi”. Tempi che, come dicevamo, si sono allungati ben oltre il limite previsto dalla normativa, obbligando la Regione ad approvare delle modifiche alla legge del 2007 per “scongiurare il pericolo di un espianto selvaggio” come sottolineato dall’Assessore pugliese alla Qualità dell’Ambiente Lorenzo Nicastro.
Ma quale interesse potrebbe avere il proprietario di un oliveto a procedere ad un “espianto selvaggio”? Il motivo, semplice quanto fondamentale, sta nella bassa redditività di queste piante: “ Gli olivi – spiega ancora il dott. Bruno – in particolare quelli antichi, non sono molto produttivi. Infatti la pianta invecchiando cresce in altezza, rendendo sempre più complessa e costosa la raccolta delle olive. Un oliveto secolare quindi ha una redditività molto scarsa. Più in generale i coltivatori italiani soffrono molto la concorrenza sleale di altri paesi del Mediterraneo – come quelli del nord Africa – dove si riesce a produrre a prezzi molto più bassi, favorita anche dalla scarsa trasparenza dell’etichettatura dell’olio. In Puglia, inoltre, scontiamo la forte frammentazione della proprietà – si calcola che ci sia circa un proprietario per ogni ettaro di paesaggio rurale – e la senilizzazione degli agricoltori. Bisognerebbe introdurre un sistema di consorzi sul modello di quello a cui si affidano con successo i coltivatori di mele in Trentino. Forse in questo modo si potrebbe anche riuscire a riavvicinare le giovani generazioni all’olivicoltura”. La legge del 2007, se da un lato, giustamente, introduce forme di tutela per gli olivi monumentali, dall’altro non fornisce aiuti adeguati agli agricoltori: “I contadini – prosegue il presidente dell’associazione degli agronomi leccesi – non possono espiantare gli alberi e sono anche costretti a sostenere le spese per la loro cura e il loro mantenimento senza ricevere alcun contributo dalla Regione”. Anche quegli articoli della legge che prevedono particolari e opportune forme di sostegno, come l’istituzione della menzione speciale “Olio extravergine degli ulivi secolari di Puglia” e l’impegno della Regione nella promozione dei prodotti ottenuti da queste piante, sembrano per ora essere rimasti lettera morta.
Ecco spiegato il motivo per il quale ad alcuni scellerati proprietari deve essere sembrata molto allettante la possibilità di sostituire un vecchio uliveto con una ben più redditizia distesa di pannelli solari. E’ quanto è successo recentemente a Carpignano Salentino dove centinaia di ulivi antichi sono stati sradicati per far posto a un impianto fotovoltaico da un megawatt. Il progetto avrebbe superato il vaglio della commissione regionale competente – che ha quindi ritenuto l’impianto un’opera di pubblica utilità, unico caso per il quale è permesso l’espianto– e sarebbe stato approvato dal comune di Carpignano. “Come Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Lecce - spiega ancora Antonio Bruno - abbiamo formulato e inviato a tutti i Comuni della Provincia una bozza di regolamento che prevedeva una serie di prescrizioni in tema di concessioni per impianti eolici e fotovoltaici. L’obiettivo era chiaramente quello di proteggere il paesaggio rurale spesso minacciato da permessi troppo facili. Purtroppo I comuni non hanno preso in considerazione la nostra proposta. Personalmente non sono affatto avverso alle fonti rinnovabili. Penso solo che in ambito energetico sia essenziale una pianificazione. Ci sarebbe bisogno di una governance chiara ma i comuni finora hanno al contrario lasciato piena possibilità di agire ai singoli proprietari. E’ chiaro che in questo modo si apre la strada alla deturpazione del territorio. Nel marzo scorso la Regione si è anche impegnata, insieme all’ANCI e all’Unione delle Provincie Italiane, a creare una sorta di catalogo on-line di tutti gli impianti eolici e fotovoltaici esistenti in Puglia. I dati avrebbero dovuto essere disponibili nel giro di tre mesi ma stiamo ancora aspettando ”.
Appare sempre più opportuna allora – attendendo la sospirata conclusione del censimento degli ulivi secolari – la proposta avanzata da alcune associazioni, come il FAI e il Forum Ambiente e Salute del Grande Salento, di estendere la tutela a tutti gli ulivi pugliesi: “La Regione dovrebbe anzi accrescere i livelli di salvaguardia - ha dichiarato il presidente del FAI pugliese Dino Borri a La Repubblica - applicando agli ulivi i criteri della foresta naturale. E non riesco a capire, in tal senso, perché si debba operare una distinzione fra gli ulivi monumentali e la stessa diffusa coltivazione degli ulivi dell'età moderna, risalenti al '700 e '800, e altrettanto importanti. Si pensi, dunque, agli ulivi disseminati in Capitanata come in Salento e Valle d'Itria”. Non più singoli patriarchi verdi dunque, ma un unico grande ecosistema boschivo agro-forestale.