“Dedicato a tutti quelli che stanno scappando” con questa frase si chiudeva Mediterraneo, uno dei film più famosi di Gabriele Salvatores, premio Oscar nel 1992. I temi della fuga – metaforica e reale – e del viaggio rappresentano due elementi importantissimi e ricorrenti nella cinematografia del regista, che proprio per questo motivo non può non attribuire un valore particolare a paesaggi e location naturali.
Che ruolo riveste il paesaggio nei suoi film?
Sicuramente il contesto naturale in cui si colloca una vicenda ha un peso fondamentale, soprattutto nei miei primi film. Ancora adesso mi piace molto girare in esterni e il paesaggio rappresenta per me una fonte continua di ispirazione. In molti dei miei lavori – spero anche in quelli futuri – l’ambiente diventa un personaggio vero e proprio, racconta cose che i personaggi in carne ed ossa non esprimono. Nelle mie pellicole i paesaggi sono linee narrative importanti come e più degli attori della storia. E’ stato così, ad esempio, con il deserto del Marocco in “Marrakech Express” e con l’isola Greca di “Mediterraneo”. Anche “Puerto Escondido” non sarebbe stato lo stesso film senza le spiagge e la giungla del Messico, per non parlare poi dell’importanza dello stupendo scenario dei campi di grano della Basilicata in “Io non ho paura”.
Negli ultimi anni il territorio del Mezzogiorno è stato alterato dagli impianti eolici. Oggi un film come “io non ho paura” dovrebbe essere girato all’estero. Che ne pensa?
Il Discorso è molto complesso. Gli impianti eolici o fotovoltaici sono sicuramente meglio delle centrali termoelettriche e delle centrali nucleari anche se forse hanno un maggior impatto visivo sul paesaggio. E’ chiaro che andrebbero posizionati in zone di non particolare pregio, anche se c’è da dire che dal punto di vista estetico le pale eoliche non sono certo l’unico nemico del nostro territorio. Sempre parlando di energia elettrica, che dire dei tralicci che deturpano ovunque il nostro paese?Secondo me il vero problema sta a monte ed è quello dei consumi. Tendiamo a produrre e a consumare sempre più energia e invece dovremmo capire che prima o poi bisognerà cominciare a rallentare. A costo di sembrare un nemico del progresso, penso che sia fondamentale ripensare integralmente le nostre abitudini di vita e il nostro concetto di sviluppo: se non cominciamo a spegnere qualche luce ci spegneremo noi.
Il cinema si serve spesso degli scenari naturali, eppure non capita quasi mai di vedere un film centrato sul tema della difesa dell’ambiente. Perché?
Questa è una domanda interessante. Già molti anni fa, dopo aver girato Mediterraneo, avevo un progetto per un film che si sarebbe dovuto chiamare ALF, come l’acronimo dell’Animal Liberation Front. Il protagonista si ritrovava coinvolto in un’azione organizzata da gruppi “alternativi” impegnati nella difesa della natura e del territorio, una sorta di guerriglieri ecologici. Purtroppo questo soggetto non è mai diventato un film. È vero che il tema della salvaguardia dell’ambiente non è trattato dal cinema e questo perché oggi – mi riferisco in particolare all’Italia – si tende esclusivamente ad assecondare i gusti e i desideri del grande pubblico. Probabilmente le persone, in un momento difficile come quello che stiamo attraversando, hanno soprattutto voglia di evadere dalla realtà . Viceversa io credo che il cinema dovrebbe avere proprio la funzione di raccontare i problemi della vita, grandi e piccoli, magari offrendo nuovi spunti di riflessione. Tra l’altro sono convinto che quella ecologica sarà una delle sfide più impegnative che ci troveremo ad affrontare nel prossimo futuro. Le vere battaglie si combatteranno proprio su questo terreno e forse saranno proprio i temi dell’ambiente e dell’ecologia a risollevarci dalla profonda crisi – economica ed esistenziale – in cui viviamo. Sarebbe davvero giusto che il cinema se ne occupasse.