Siamo abituati a considerare l'acqua un diritto primario, dibattiamo giustamente sullo spinoso tema della privatizzazione di un bene essenziale alla vita quanto l'aria, cui ciascuno deve avere accesso.
Allo stesso tempo, questo via libera rispetto a una risorsa così primaria è nel nostro Paese deregolamentato in modo incredibile, incominciando dalla possibilità concessa a chiunque, o quasi, di scavare pozzi in estrema profondità e attingere a quei giacimenti che dovrebbero rimanere inviolabili per la sicurezza dell'intero pianeta.
Se una volta si scavava a mano o con il supporto di mezzi limitati, tecnologie a basso costo oggi permettono a privati e aziende di perforare il suolo e la crosta terrestre fino a 400, addirittura 500 metri di profondità per trovare quell'acqua cui altrimenti, in quel dato luogo, si sarebbe rinunciato.
Per fare un esempio, solo nella zona dei Colli Albani, a sud di Roma, si stima la presenza di circa 70, forse 80mila pozzi, di cui solo 35mila ufficialmente registrati. Dalle falde sommerse nel ventre di un antichissimo vulcano vengono pompati ogni anno almeno 345 milioni di metri cubi di liquido, di cui 106 finiscono nella rete degli acquedotti. Il rimanente viene destinato a uso domestico, agricolo, industriale, per un consumo idropotabile di 400 litri pro capite al giorno (sembrerebbe, uno dei più elevati d'Italia e pure d'Europa). Il livello dei laghi Albano e Nemi, negli ultimi dieci anni, in certi punti si è abbassato di alcuni metri mentre è cresciuta in modo considerevole, nei due bacini, l'immissione di sostanze inquinanti che ha contribuito alla morte di migliaia di specie animali e vegetali e alla distruzione degli ecosistemi.
Senza considerare i possibili dissesti idrogeologici dovuti agli svuotamenti del sottosuolo.
Un tempo, ovunque, falde sotterranee e sorgenti venivano alimentate dalle infiltrazioni nel terreno delle acque piovane, regolari e sufficienti: i cambiamenti climatici che ci stanno conducendo verso inaridimento e siccità suggeriscono questa stagione un deficit di precipitazioni fra il 30 e il 50%.
L'acqua è di tutti, senza dubbio: ma a quanto pare non infinita. Proprio per questo si impongono politiche molto diverse, estremamente competenti, basate su criteri del tutto nuovi.