Torna, eternamente bello, il paesaggio dell'estate amato da Vincenzo Cardarelli:
Estiva
Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell'albe senza rumore
- ci si risveglia come in un acquario -
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d'oscuramenti e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dar pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca,
stagione estrema,che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell'ordine che procede
qualche cadenza dell'indugio eterno.
E torna, sempre brutto, il paesaggio d'ennesima ottusa ferocia degli uomini verso gli animali: ecco Monsignor Ottavio Petrone, parroco della basilica di San Giovanni a Roma, che la festa del 24 giugno non trova altro di meglio che rispolverare la vecchia usanza giustamente caduta in disuso della gran mangiata di lumache "per rafforzare il legame con l'acqua e con il battesimo che fa nascere una nuova vita".
Non si vede come lo sterminio di un animale antico, la cui importanza biologica è negli ultimi tempi cresciuta quale bioindicatore dell'inquinamento ambientale, possa essere così malamente giustificato, e se nei tempi di fame il popolo mangiava qualunque cosa trovava nei prati che circondavano ed entravano nelle città, e dopo le grandi piogge primaverili trovava le lumache, oggi con l'abbondanza di cibi di ogni genere che ci assedia da ogni angolo di strada e da ogni schermo televisivo andare a cercare proprio le lumache sa proprio di arrampicata artificiale su uno specchio quanto mai scivoloso. C'è qualche curiosa dissonanza, anzi proprio il rumore di un graffio di unghie sul vetro, anzi di una rovinosa scivolata dallo specchio, tra l'offerta di più di 200 Kg di lumache servite gratuitamente al pubblico assieme all'esibizione dei Ragazzi di Amici, spettacolo di alto livello educativo per le giovani generazioni italiane, e la visione di un match Italia-Spagna, e le ulteriori dichiarazioni del Monsignore, evidentemente dimentico che san Giovanni preannunciava il dio dell'amore universale: "La festa delle lumache vuole dare il senso della purificazione, dell'accoglienza e dell'ospitalità che può dare una città come Roma a tutti i cittadini del mondo che arrivano nella città eterna. Questa è una città spirituale, e le lumache possono diventare di nuovo il simbolo per scacciare tutte le negatività che ci circondano".
Molto originale, mai udita, per non dire inaudita, l'idea che ammazzare i cittadini naturali di un prato sia un simbolo di accoglienza e di ospitalità per gli stranieri. Ancora più originale, per non dire inaudita, quella di presentare come città spirituale una città che ti offre come accoglienza una gran mangiata di lumache.
Per fortuna c'è chi ha festeggiato in modo diverso la celebrazione del solstizio d'estate cui la chiesa cattolica ha sostituito una delle sue feste. In anni recenti Lama Norbu, uno dei due tibetani portati in Italia dal grande archeologo Giuseppe Tucci tornato dalle sue missioni in Oriente, celebrò la notte di San Giovanni liberando nei prati dietro alla basilica romana alcuni chili di lumache che ancora venivano vendute. Era il "rito di ridare la vita", già attestato da Marco Polo nel Milione, che consiste nel liberare degli animali altrimenti destinati al sacrificio e che viene considerato altamente meritevole e portatore di prosperità.
La lumaca è un essere strurturalmente saggio, un simbolo della decrescita. Ci insegna non solo la lentezza, apprezzata da tutti i grandi spiriti illuminati e generosi, ma anche un'altra lezione essenziale:"La lumaca" dice Ivan Illich" costruisce la delicata architettura delle sua conchiglia aggiungendo una dopo l'altra delle spire sempre più grandi,poi cessa bruscamente e dà inizio ad avvolgimenti, questa volta decrescenti. Una sola, ulteriore spira più larga conferirebbe alla conchiglia una dimensione sedici volte maggiore. Invece di contribuire al benessere dell'animale, lo sovraccaricherebbe".
Quanto mi piacevano le lumache da bambina, quando salivo dopo la pioggia sulla collina di mio nonno, in Umbria, e mi sentivo felice con due bellezze della natura, l'odore di terra bagnata e lo strascico d'argento che le lumache, principesse in incognito, tiravano calme dietro di sé.