Quali che siano le previsioni dei futurologi sui problemi di abitazione, servizi e trasporti, sulle possibilità di disinquinamento e preservazione della natura, la volontà e le esigenze della individualità umana non possono essere censurate a priori. E cioè l'alternativa ambientale rappresentata dai centri storici ed in parte anche dai quartieri che ancora ad essi si riallacciano, ad esempio dell'età umbertina o tardovittoriana, deve essere mantenuta per quella parte di popolazione che ai vantaggi di un'abitazione sia pure concretamente moderna (e non soltanto, come accade a noi, nella maggior parte dei casi, luccicante della più deperibile civetteria e discutibile pretesa di comfort) preferisce le case di antica costruzione e muratura, calde di una loro sia pure modesta storia.
La conservazione dei centri storici non è un problema specialistico, ma parte essenziale di una politica urbanistica e territoriale che presupponga formule non più carcerarie, ma umane, a cominciare dagli spazi verdi, dovunque più o meno largamente contemplati all'infuori del nostro paese. Paese dove forse come in nessun altro l'incontrollata speculazione ha impedito qualsiasi utilizzazione razionale delle risorse del territorio; destinando invece a zona industriale i più bei terreni agricoli, barricando le spiagge con immani cinture di cemento, devastando i più bei luoghi alpini con eccesso di strade asfaltate, seggiovie ecc., e così via in omaggio ad un "benessere" selvaggio quanto momentaneo, destinato a ritirarsi lasciando il suolo coperto da irrecuperabili, ed anche difficilmente eliminabili scheletri di cemento.
La cosiddetta politica del territorio non è mai stata tale, per quel che riguarda l'Italia, se non nella misura in cui l'abdicazione può essere un atto politico. E di conseguenza il sentimento di responsabilità è stato assunto dal movimento formato dai difensori dell'ambiente. Ogni forma privatistica tradizionale di difesa dell'ambiente storico naturale - indipendentemente dal fatto che ormai non ha più rappresentanti - è infatti andata in prescrizione. La grande forza di conservazione che era insita nella proprietà privata è un'energia disimpiegata che chiede di essere proiettata sulla comunità. I difensori di beni non propri sono sempre stati i più realmente strenui, ma nel caso laborioso e faticoso della difesa dell'ambiente cittadino occorre si compia un vero e proprio transfert del sentimento di proprietà a qquello della sopravvivenza di condizioni di vita umana per la comunità.
Da "La lunga guerra per l'ambiente" di Elena Croce (1979, Arnoldo Mondadori Editore)