In questi giorni GeaPress ha ricevuto numerose mail di persone che hanno subito gli effetti della disastrosa alluvione del Veneto. Ce ne siamo occupati in alcuni precedenti articoli dando risalto al lavoro dei volontari che si sono prodigati per soccorrere i tanti animali vittime delle inondazioni. Automobili piene di croccantini che cercano di inoltrarsi tra le campagne inondate, tam tam su internet per riuscire a fare da ponte tra gli animali recuperati ed i padroni che li cercavano. Oppure le foto dei propri animali pubblicate nella speranza che qualcuno li avesse rintracciati. Un lavoro encomiabile perché partito dallo stesso Veneto, vuoto, come le altre parti d’Italia, di interventi organici che prendano a cuore veramente tutte i disagi di un disastro naturale. Ricordiamo, a tal proposito, che per animali non si intendono solo quelli d’affezione ma anche quelli da reddito. Eppure solo singoli interventi, a volte sedi locali di associazioni (come il caso dell’OIPA, dell’ENPA e dell’ANPANA), persone organizzate al momento, pur tra le difficoltà ed i danni subiti dalle inondazioni, pensando anche agli animali perduti. A loro possiamo solo dire che, al di fuori del Veneto, questa alluvione è stata percepita in ritardo, sicuramente non (ancora) nelle reali dimensioni del disastro. Pur non essendoci simpatico per via delle cacce in deroga, bene ha fatto il Governatore Zaia a battere i pugni, anzi avrebbe dovuto farlo subito e con più veemenza. A dire il vero c’è sembrato un po’ troppo gessato, ma comunque ha perfettamente ragione quando dice che il Veneto deve diventare una priorità. Nella comunicazione, però, questo non lo è stato e le colpe, forse, non sono sempre di improbabili complotti o nell’inesorabile fato. Poi Zaia, dopo mille polemiche sollevate dalla LAC, ha deciso di far finta di bloccare la caccia nel Veneto sommerso e pertanto la nostra momentanea simpatia nei suoi confronti svanisce. Anzi, ci fa ricordare che quando era Ministro delle Politiche Agricole, fece tornare indietro i Forestali del Nucleo Operativo Antibracconaggio che tanto stavano facendo nelle valli trappolate del bresciano.
I fiumi, però, non seguono le parole. Dovrebbero seguire solo il loro corso ed è quello che fanno anche quando esondano. Un fiume, sia un torrente oppure il Mississipi, ha un suo letto di magra ed uno di piena. Quello di magra viene in genere arginato, quello di piena viene in genere adibito alle attività umane. Quando l’acqua vuole tornare ad occuparlo, iniziano i dolori. Per questo si prevedono delle camere di compensazione. Il fiume esonda in aree previste allo scopo; queste assorbono la piena e salvano le zone più a valle dove si è costruito. In Veneto, ma anche in molte altre parti, questa previsione è sostanzialmente mancata. In alcuni casi si sono alzati gli argini su un solo lato e si è lasciato sguarnito l’altro. Da quest’ultimo l’acqua esonda occupando una non dovuta camera di compensazione che nel frattempo è diventata un centro abitato. Questo è successo in Veneto. Ad ogni modo nessuno può escludere che un fiume, in occasione di eventi meteorici eccezionali, riprenda “normalmente” il letto di piena, purtroppo intasato dall’incoscienza umana. Anzi, a sentire i praticamente unanimi pareri dei metereologi, questi eventi saranno sempre più frequenti.
Eppure del Veneto alluvionato riteniamo che si sia parlato poco e con molto distacco. Preoccupa che il solito Berlato (Europarlamentare veneto filo caccia beccato da GeaPress – vedi articolo – a dare consigli su come confondere, spennandole, specie protette e non) tenti di far passare il “pericolo” nutria. Preoccupa anche di una proposta della Lega Nord e di 250.000 euro da spendere per un piano anti nutria. Noi crediamo che la verità venga sempre a galla e ringraziamo Berlato per il trucchetto su come spennare per confondere.
Dal Veneto ci sono arrivate tante mail. Molte indignate per le nutrie, altre per i ritardi, altre ancora per la mancanza dei soccorsi. In particolare più di una mail faceva riferimento ad uno scritto di Giorgio Mattoschi e dei suoi animali rubati dall’alluvione. Anzi, come dice lui, “dall’incuria e l’arroganza degli speculatori e dei politici ciechi che preferiscono guadagni immediati al rispetto e al benessere del territorio e dei cittadini”. Non siamo riusciti a rintracciare Mattoschi e non osiamo citare la nutria. Neanche una volta è stata però nominata dai cittadini che (vedi video) dentro una tenda infangata discutevano delle cause del disastro. Certo, non è un documento esaustivo di tutte le problematiche, ma è comunque una testimonianza di chi l’alluvione l’ha subito veramente. Se è vero quello che dicono non possono che essere apprezzati per la calma e l’interesse a discutere.
La redazione di GeaPress
“Hanno ucciso un sogno.
Mi sento un fantasma mentre guardo con rabbia e paura le acque del Fiume Tesina invadere ancora una volta i campi di Trambacche. Il livello del Bacchiglione è altissimo, spaventoso. Questa terra, questa casa, rappresentano il sogno di tutta la mia vita, realizzato con mutuo e grandi sacrifici.
L’alluvione del 1° novembre ha portato via le mie 9 caprette, le mie due asinelle, il pony e quasi tutte le galline che si erano rifugiate sugli alberi.
Amici, fratelli, non semplici animali.
Ho cercato di salvare i miei animali e ho rischiato di annegare. Era terribile sentire le caprette piangere come bambini mentre le acque vorticose e scure del Bacchiglione se le portava via. In 15 minuti le acque del Bacchiglione sono esondate e hanno coperto tutto sotto 1.70 di acqua.
Non è stato il fiume a uccidere i miei sogni, non è stata la calamità naturale o il fato, ma l’incuria e l’arroganza degli speculatori e dei politici ciechi che preferiscono guadagni immediati al rispetto e al benessere del territorio e dei cittadini.
Non è stato il fiume ad uccidere i sogni di tanta gente ma l’egoismo degli uomini che continuano a trattare la natura e gli animali come oggetti creati per soddisfare la propria sete di ricchezza e di potere.
I terreni allagati 15 giorni fa sono ora coperti da fango inquinato che renderà impossibile coltivarli per almeno due anni .
Sono morti più di 200.000 animali negli allevamenti, più tantissimi animali domestici di privati, più gran parte degli animali selvatici.
Una carneficina.
E qual’ è la preoccupazione dei cacciatori? Quella di poter ritornare a cacciare al più presto.
Le alluvioni non si ripetono più a distanza di 20 o 30 anni ma di 15 giorni, un mese, e questo è davvero spaventoso. Se non sarà fatta una politica seria per l’assestamento del territorio dal punto di vista idrogeologico e non solo, sarà molto difficile aver voglia di continuare a lavorare, a vivere e a sognare nelle zone alluvionate.
Queste zone rischiano di diventare solo paludi di fango e di disperazione.”
Giorgio Mattoschi
(ndr): Giorgio Mantoschi gestisce un agriturismo tra Padova e Vicenza, tra il fiume Bacchiglione ed il fiume Tesina. Ha perso tutti i suoi animali, eccetto due cavalli.
Vedi video su
http://www.geapress.org/intervento/dalla-parte-del-veneto/8732