Soltanto a Roma, sono oltre 2000 i cani
ospitati nelle strutture comunali e delle associazioni
di volontariato. Grazie a queste strutture e all'impegno
di molti volontari il fenomeno del randagismo nella
capitale è sotto controllo. Tutto questo è però
messo in pericolo per la scarsa attenzione che la Giunta
comunale romana sta dimostrando nei confronti delle politiche
gestionali delle strutture, infatti l'Ufficio Diritti
Animali è svanito nel nulla, Il call center è stato
chiuso e i cittadini romani che già faticavano ad ottenere una qualche risposta
utile, non hanno più contatti per le segnalazioni.
Nell'hinterland romano e più in generale nei 121 i comuni della provincia
peggio che andar di notte, canili inesistenti sterilizzazioni zero. Peggio ancora
se ci si sposta nelle altre province laziali dove la situazione
non si discosta di molto da quella siciliana a tutti nota per i tristi epidodi di cronaca.
Ad esempio ai castelli romani il fenomeno è di vaste proporzioni,
si incontrano cani randagi ovunque.
I Comuni sono inadempienti, non costruiscono i canili e preferiscono
convenzionarsi con privati, spesso veri e propri lager, dove i cani
vengono tenuti in vita in condizioni disumane, al solo scopo di intascare
la retta giornaliera. Non si effettuano sterilizzazioni che rappresentano l'azione
fondamentale nella lotta al randagismo, con il risultato che è
sotto gli occhi di tutti, con scarica barili tra comuni e ASL circa le
competenze e intanto i cani vegetano nei lager dei privati che si arricchiscono.
Spesso queste strutture private sono ubicate in zone isolate, lontane da
occhi indiscreti, sbarrate al pubblico, non consentendo così nessuna adozione
altro strumento ignorato, che dovrebbe essere incentivato dai stessi Comuni,
fornendo aiuti ai cittadini che adottano un randagio, con evidente ritorno
sulle casse comunali. Giace ormai da anni in Regione Lazio, una proposta
di legge per modificare l'attuale normativa in materia di tutela degli
animali e lotta al randagismo, il problema sembra non interessare all'attuale
giunte nè a quelle precedenti. Infatti dal 1997, anno della legge regionale n.34
che ha recepito la Legge Quadro n. 281 del 1991, nulla più e stato fatto
dal punto di vista legislativo.
In commissione regionale Sanità si è arenata una proposta di riforma della normativa vigente,
inattuata ed evidentemente inadeguata.
La costruzione dei canili rappresenta il punto terminale del problema randagismo,
una necessità, ma non certo la soluzione, è impensabile chiudere tutti i randagi
contemporaneamnete in canile. Il vero problema è a monte, la prevenzione con una
politica di sterilizzazione a tappeto e l'azione che manca del controllo. I controlli
sono inesistenti, i cani che dovrebbero essere tutti iscritti all'anagrafe canina regionale,
di fatto non vengono registrati dai proprietari, anche se con il cambio del metodo
d'identificazione dal tatuaggio al microchip le iscrizioni sono in aumento, anche grazie
al fatto che non è più necessario recarsi presso le ASL ma è lo stesso veterinario
che impianta il microchip che provvede all'iscrizione.
Nessuno controlla i cani se sono iscritti o meno all'anagrafe, dalle Polizie Locali
che dovrebbero vigilare in materia, ma non soltanto loro, non vengono effettuati controlli,
non sono nemmeno datate degli appositi lettori elettronici, tra l'altro di basso costo.
Basta girare per i vari paesi romani e laziali in generale, per vedere che c'è la cattiva
abitudine di lasciar vagare il cane di proprietà, con evidente pericolo per l'animale
libero di andare in giro a procreare, ma nessuno reprime tali comportamenti.
Altra piaga il commercio di cuccioli, quasi totalmente
provenienti da paesi dell'est europa, vengono venduti a migliaia senza controllo.
I commercianti dovrebbero vendere cani già iscritti all'anagrafe regionale, ma anche
qui i controlli sono inesistenti e le sanzioni nulle, in compenso i guadagni sono da capogiro
un cucciolo acquistato "all'ingrosso" a 200 euro dall'Ungheria, può essere rivenduto
a 1200 euro, un ricarico che nessun altro settore ha nel commercio, venduti spesso malati
destinati a morire dopo pochi giorni dalla vendita, spesso importati in violazione
delle normative comunitarie e nazionali circa il trasporto degli animali.
Le sanzioni previste per chi non iscrive il cane all'anagrafe regionale sono
ridicole, 51 euro, illecito che dovrebbe invece essere sanzionato molto più
pesantemenete, non è certo il rischio di dover pagare una cifra così irrisoria che
può indurre i cittadini o i commercianti ad iscrivere il cane,
tra l'altro con scarsissime probabilità di essere scoperti.
L'anagrafe canina è uno strumento fondamentale per prevenire l'abbandono, nessuno
può abbandonare un cane iscritto con microchip senza essere scoperto e perseguito penalmente, dato
che l'abbandono è un reato punito dal Codice Penale dall'articolo 727 con l'arresto
fino ad un anno ed un'ammenda che può arrivare a 10000 euro, ma niente controlli niente
colpevoli e canili sempre più affollati per la gioia di chi ha fatto del randagismo e del
lassismo delle amministrazioni un vero business.